Così l’incubo di Mary Shelley diventò immortale
Mary Shelley è stata tante cose. Per rendersene conto basta sfogliare qualsiasi enciclopedia o semplicemente sbirciare Wikipedia. Pochi però pongono l’accento sull’unica qualità che ha davvero reso Mary Shelley immortale e che ha portato il suo più famoso racconto a fare bella mostra di sé in ogni biblioteca domestica che si rispetti. Quale? La concentrazione! Il suo Frankenstein è infatti il frutto di un compito ben preciso che la scrittrice inglese ha assolto davvero al meglio. In un gioco di società oggi impensabile (riunirsi intorno a un caminetto accesso mentre fuori piove e fare a gara a chi stende il romanzo più pauroso) la nostra Mary è stata capace di rispondere con intelligenza e con passione alla semplice domanda: cosa mi fa paura?
Quella volta sul lago di Ginevra a Villa Diodati (era il 1817) gli sfidanti erano nomi di tutto rispetto del panorama letterario del tempo: John Polidori, Lord Byron e suo marito Percy Besshy Shelly, eppure Mary non si agitò a scrivere pur di scrivere e aspettò paziente l’arrivo dell’ispirazione. Che ovviamente – eravamo in epoca romantica – arrivò sotto forma di sogno. Anzi di incubo. Quando si svegliò sudata e affannata Mary disse a se stessa: devo ricreare la stessa paura che ho provato. E riportò sulla carta alcune suggestioni di quel sogno tra cui appunto la terribile figura dell’uomo rinato in laboratorio.
Se si torna a parlare di lei non è solo perché la Giunti ha aggiunto un nuovo capitolo alla saga di Geronimo Stilton, inserendovi la storia del Frankestein di Mary Shelley, o perché la XL Edizioni ha mandato da poco in libreria la biografia della scrittrice intitolata Mary Shelley e la maledizione del lago di Adriano Angelini Sut. Quanto per l’intelligente celebrazione che il sito www.criticaletteraria.com
ha proposto nei giorni in cui cade la ricorrenza della nascita della scrittrice (30 agosto 1797). L’illuminato tributo, a firma di Patrizia Poli, offre un ritratto vivido della scrittrice e della cornice culturale e sociale nella quale ha vissuto e sicuramente fa venire voglia di riprendere in mano quel capolavoro di fiction e di pensare, poi, a rilettura conclusa, che nel gotha della letteratura di genere, accanto a scrittori del calibro di Stephen King, un posto di assoluto riguardo va proprio a quella ragazza che appena ventenne, con un figlio piccolo, un’altra figlia appena morta dopo il parto, e un marito estroso ma ingombrante, è riuscita a produrre un capolavoro immortale.