Dickens e i “debiti” di Ettore Scola
E’ tempo di riscoprire un grande classico della letteratura moderna. E’ tempo di riprendere in mano Grandi speranze di Charles Dickens. Invero, non bisognerebbe cercare una scusa per leggere questo capolavoro. Ogni momento è quello giusto, come per il caffè. Tuttavia la storia di Pip e di Estella è tornata alla ribalta nei giorni scorsi, in occasione della morte dell’autore di Una giornata particolare e C’eravamo tanto amati. Nella messe quasi infinita di aneddoti e ricordi di quanti hanno avuto il privilegio e la fortuna di conoscere e frequentare Ettore Scola, mi ha colpito quanto raccontato da Giovanna Taviani, direttrice del Salina Film Festival. “Quando mi salutò dopo l’incontro con gli studenti di Acri – scrive la Taviani sulla sua pagina Facebook – Ettore Scola mi disse: Ai giovani che vogliono imparare a fare cinema consiglia di leggere Grandi speranze di Dickens. C’è tutto: primi piani, piani sequenza, campi lunghi. Lo leggerò pensando a quello che i suoi film e la sua passione di vivere mi hanno insegnato”. Un consiglio d’autore, non c’è che dire. In effetti questo “romanzo di formazione”- che non solo racconta una storia d’amore lunga e tormentata ma si fa cronaca anche di un riscatto sociale tutt’altro che semplice e scontato – è molto cinematografico. E la conferma la si può trovare andando a spulciare tra le notizie che riguardano proprio la fortuna di questo romanzo considerato dagli stessi studiosi come il più popolare tra i romanzi di Dickens e uno dei migliori testi della letteratura inglese di sempre. Si viene infatti a scoprire che il titolo in questione ha un invidiabile primato: oltre 250 tra adattamenti teatrali, televisivi e cinematografici. Le ragioni sono tante. E tutte sono perfettamente sintetizzate in quel consiglio d’autore che Scola ha offerto alla giovane studiosa di cinema. Pensandoci bene è anche rassicurante pensare che i cineasti di domani formino la loro professionalità, temprino la loro sensibilità su testi “sacri” come Grandi speranze. Meglio pensare a questa eventualità, piuttosto che vederli impelagati con diavolerie elettroniche e digitali che forse farebbero di loro dei maghi del montaggio e degli effetti speciali ma che, in fondo, non avrebbero niente da raccontare, niente di umano, niente di buono.