Raramente ho letto romanzo con un incipit così coinvolgente. Sto parlando di La fine è nota di Geoffrey Holiday Hall (edito da Sellerio) che mi è capitato tra le mani durante le vacanze estive. Chi me l’ha passato sosteneva appunto fosse un’ottima lettura per le vacanze. Un giallo, mi ha detto, ma scritto molto bene e davvero coinvolgente. Mi sono lasciato convincere. E la scelta è stata poi confortata dal notare che il volume conteneva anche una postfazione di Leonardo Sciascia. Prima di parlare di questa postfazione, però, torno per un momento al libro. Devo descriverlo per far capire di cosa parliamo. La storia racconta di un uomo (il protagonista) che tenta di risolvere un giallo all’apparenza insolubile. A casa del protagonista piomba all’improvviso un giovane. Chiede di lui e sembra disperato. Lui, però, non è ancora rientrato a casa. La moglie vuole sapere come mai lo cerca e il giovane dice che solo suo marito può salvarlo. Allora la donna lo lascia entrare dicendo che il marito sta per arrivare. L’uomo però si avvia verso la finestra e si butta di sotto. L’enigma è proprio nel fatto che, come confessa lo stesso protagonista (il signor Paulton) al commissario Wilson, quel giovane suicida proprio non lo conosceva. E che non sapeva proprio come mai potesse avere a che fare con lui la sua “salvezza”.  L’indagine poliziesca va a rilento e il signor Paulton decide di procedere per conto suo.  Un lettore avvezzo soltanto ai gialli, però, fa fatica ad andare avanti. Paulton incontra tutte persone che ricordano piccoli pezzi della vita del suicida. Ognuno offre il suo tassello ma il mosaico, pur componendosi in una figura, non offre soluzione al mistero. Almeno fino al finale a sorpresa che ovviamente non svelerò. Il racconto-ricostruzione di questa vita perduta, però, è altamente letterario con echi del mondo carveriano fatto di sogni infranti, di vite borderline, di storie della provincia più lontana e misconosciuta e dunque più poetici. L’oggetto della ricerca viene illuminato da sguardi sempre differenti con una voce molto connotata che dà spessore affatto letterario all’insieme. Cosa – peraltro – sottolineata dallo stesso Sciascia nella sua postfazione. Un giallo letterario, insomma. Ecco cosa ci ha regalato Geoffrey Holiday Hall. Sì, ma chi era Hall? E qui viene il bello. Sciascia nella sua postfazione parla con compiaciuto gusto di un giallo nel giallo visto che l’identità di questo scrittore americano è ignota persino ai suoi editori. Italiani, prima di tutto. Ma anche americani. Il libro, infatti, è stato pubblicato da Simon& Schuster nel 1949. E poco dopo è stato tradotto in italiano per la collana dei gialli Mondadori con il titolo La morte alla finestra. Poi nel 1990 la Sellerio decide di ripubblicarlo con il titolo originale (The end is known) tratto da una citazione del Giulio Cesare di Shakespeare. Sciascia spiega di essere rimasto folgorato da questo romanzo fin dalla prima volta che lo lesse a Caltanissetta nel ’52. E per Holiday Hall spende confronti molto lusinghieri (Caldwell, Faulkner e Steinbeck). Quindi, una volta richiesto dalla Sellerio di scrivere una postfazione, decide di andare a trovare il suo amico Alberto Tedeschi direttore dei Gialli Mondadori. A lui chiede lumi sull’autore ma anche questi non sa nulla. E ancor oggi possiamo dire di saper poco. A una prima ricerca superficiale – come possono essere tutte le ricerche effettuate sui motori di ricerca di internet – si viene a sapere soltanto che Hall è autore di due soli libri. Ha una data di nascita  (30 ottobre del 1913) e un anno di morte  (1981). Wikipedia dice che è stato un giornalista e scrittore americano. E dopo la pubblicazione del secondo (Qualcuno alla porta, anch’esso edito da Sellerio) se ne sono perse le tracce. Curioso, mi vien da pensare, che un libro così affascinante e con un retroscena tanto enigmatico non abbia fatto gola ai tanti che amano spendere tempo ed energie e svelare i misteri di altri numi tutelari della letteratura americana come Thomas Pynchon e Jerome David Salinger. Eppure La fine è nota è un romanzo che può ben reggere il confronto con Il giovane Holden, almeno come sapienza stilistica ed originalità. Qualcuno ha comunque avanzato ipotesi anch’esse affascinanti. Dietro quel nome si celerebbe uno scrittore riconosciuto e apprezzato che abbia voluto nascondersi dietro un nom de plume per questi che evidentemente considerava dei semplici divertissements. Continuo, però, a ritenere piuttosto curioso che la pianta della leggenda sull’identità di questo autore non sia cresciuta forte e rigogliosa e non si sia trasformata nel tempo in albero secolare. E che non ci siano scuole di scrittura o aule universitarie dedicate a lui.

ps

se qualcuno ha notizie di prima mano su Geoffrey Holiday Hall è vivamente pregato di farsi avanti.

 

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