E’ stato definito con grande acume “un’operazione di archeologia politica sotto forma di giallo” da Gianni Gambarotta. Perché attraverso l’abito dell’indagine poliziesca (compiuta in verità da un dirigente milanese del Partito comunista) La provvidenza rossa di Lodovico Festa (Sellerio) offre uno spaccato non soltanto dell’ambiente politico milanese nel 1977 ma anche del privato dei militanti e dirigenti, ignari a ben guardare che da lì a poco il loro orizzonte ideologico di riferimento sarebbe venuto giù rovinosamente. Milano, autunno 1977, zona Sempione. Una sventagliata di mitra uccide una giovane fioraia all’alba di una fredda mattina di inizio autunno nel suo chiosco di via Procaccini. Davanti agli inquirenti si presenta un’indagine di difficile soluzione. La giovane Bruna Calchi era una militante del Pci. Quindi le piste, in pieni Anni di piombo, possono essere molte e non va escluso niente.  Visto che la vittima aveva la tessera anche il Pci avvia una sua indagine della quale vengono incaricati due ex partigiani che ora ricoprono i ruoli di vertice nella commissione “probi viri” della federazione milanese. Il vecchio Peppe Dondi e il suo vice, l’ingegner Cavenaghi. E’ proprio a quest’ultimo che Festa offre il ruolo di narratore dell’intera vicenda. E anche di protagonista. E’ lui, infatti, che avvia una approfondita indagine. Batte al tappeto l’ambiente della Calchi, le sue frequentazioni. Ma non solo. Passa al setaccio anche le abitudini e le pulsioni della “base”, sfruttando l’aiuto di tutti: dai consigli di fabbrica, alle Coop, fino ai dirigenti delle varie sigle sindacali che fanno capo alla Cgil.

Il lettore si gode quindi un’avvincente “indagine interna”, più seducente di quelle della polizia perché libera – per certi versi – da certi “obblighi” di legge cui le forze dell’ordine devono sottostare. Il Cavenaghi, però, somiglia molto al commissario Maigret e al suo collega Ingravallo. Come i personaggi di Gadda e Simenon questi cerca di non fermarsi agli aspetti formali delle indagini puntando a ricostruire il vissuto dei protagonisti. Ma non solo. Il lettore vede sotto i suoi occhi prendere vita la Milano che fu. Quella olografica città che ha lasciato il posto alla Milano da bere degli anni Ottanta. Una città, dove resistevano le fabbriche nei quartieri residenziali, dove ancora la pelota non era stata sostituita dallo squash. Dove non si servivano gli aperitivi e i bar sofggiavano antiquate sedie di ferro, lampade al neo, e arredamenti inadeguati.

Festa si diverte poi a inserire i protagonisti reali di quegli anni: alcuni senza una maschera mimetica e altri con un nome di fantasia ma facilmente riconoscibili. Soprattutto Festa, che per tanti anni è stato appunto dirigente della federazione del Pci prima di traghettare, dopo la Bolognina, verso altre esperienze politiche ed editoriali (è tra i fondatori del Foglio di Giuliano Ferrara), si diverte a far notare a un lettore smaliziato e attento che tutti quegli indizi che si stava vivendo un’epoca di transizione, sfuggiti ai protagonisti di allora. L’esempio più clamoroso, ovviamente, riguarda la granitica sicurezza dei dirigenti del Pci di allora che il monopolio del servizio pubblico televisivo non sarebbe mai stato minacciato dalle televisioni commerciali. Ma soprattutto a parere incredibile è la loro ferma fiducia nel “faro sovietico”, che non poca parte ha avuto – come suggerisce Festa tra le righe di questa storia – attraverso i suoi servizi segreti nella vita del nostro Paese in quegli anni.

Insomma questo giallo di Festa ha quelle virtù che solitamente mancano alle detective stories che tanto irritavano Stieg Larsson se un giorno è sbottato in una sentenza divenuta celeberrima “Ciò che mi irrita dei gialli è che il più delle volte parlano soltanto di uno o due personaggi, tralasciando completamente l’ambiente in cui si muovono”. Ecco questo certo non può dirsi di Festa, intanto perché di personaggi ce ne sono tanti(anzi forse troppi), poi perché la Milano di quegli anni viene non solo descritta con vivacità ed empatia ma vengono offerti ai lettori anche tutti gli indizi necessari il come e il perché di tanti eventi e trasformazioni che avrebbero caratterizzato i lustri seguenti.

 

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