Svelato (con il sorriso) il mistero della stanza 101
Navigando nella Rete può capitare di trovarsi di fronte a una foto di papa Bergoglio con una didascalia critpica soltanto per chi non ha frequentato i grandi romanzi di George Orwell. Nella foto si vede papa Francesco che fa capolino da dietro il vetro di una porta. Al di qua, nel corridoio dove la porta si affaccia, è ben visibile a fianco della porta stessa il cartellino che riporta questa semplice identificazione: stanza 101. La didascalia alla foto è fulminante nella sua scanzonata ironia: “ecco cosa si nasconde nella stanza 101”. Alla lettura di queste poche parole la mente corre subito a uno dei luoghi più terribili (se non il più terribile) del grande romanzo distopico 1984. Si tratta infatti della stanza dell’ultima tortura, quella definitiva. Quella che ti fa perdere una volta per sempre il lume della ragione e ti fa intraprendere un nuovo percorso riabilitativo. E’ lì, nella più terribile delle stanze del Ministero dell’Amore, che la psicopolizia porta i nemici del Grande Fratello. E’ lì che vengono trascinati i seguaci del leggendario Goldstein, il primo ribelle, colui che vorrebbe lottare contro uno Stato così totalitario da irregimentare non soltanto i corpi dei suoi sudditi, non soltanto le loro menti impressionabili, ma anche il loro inconscio. Prima di entrarci però non sanno cosa si nasconda lì dentro. E la minaccia peggiore per tutti è appunto quella di essere portati lì. E la leggenda della stanza 101 domina la parte centrale del romanzo.
Rileggere 1984 (pubblicato in Italia da Mondadori) fa sempre bene. Ci consente di tenere alta la guardia contro ogni forma di omologazione, contro il pensiero unico, contro il conformismo più cieco e draconiano. Pensato come atto di accusa nei confronti dello stalinismo, il romanzo di Orwell sa ancora scuotere le coscienze dei lettori. I suoi personaggi, e fra tutti il protagonista Winston Smith e la sua amante Julia, si mostrano nudi e fragili di fronte al vigile controllo del Grande Fratello. Era da poco finita la Seconda guerra mondiale e lo scrittore inglese (ormai celebre e celebrato per la sua grande metafora della Fattoria degli animali) voleva immaginare un futuro quanto più lontano dal suo presente ma allo stesso tempo tanto temibile fin da allora. Un futuro in cui la tecnologia sarebbe stata capace di controllare la mente e l’inconscio collettivo. Ecco quindi la psicopolizia, ma soprattutto ecco i teleschermi capaci di controllare anche il sonno dei sudditi del grande Paese di Oceania, in perenne guerra con una delle altre superpotenze mondiali.
Per controllare meglio il presente e per dirigere il futuro nel binario già preordinato, è fondamentale controllare il passato, riscriverlo, ricrearlo o – al massimo – cancellarlo con un semplice tratto di penna. Un lavoro certosino che impegna centinaia di migliaia di lavoratori nella Londra perennemente “bellica”, martoriata dalle urla del Grande Fratello come dai razzi che filtrano la barriera di una mai nominata (ma immaginabile) contraerea. Winston Smith è proprio negli uffici del Ministero della Verità che lavora. Il luogo ideale per contraffare non soltanto il passato ma anche il presente. Si riscrivono libri e giornali. Si correggono documenti per dare al presente l’unico senso possibile. Certo è che il regime assoluto e totalitario immaginato da Orwell prevede come premessa necessaria l’assoluta ignoranza e l’altrettanto completa mancanza di memoria da parte dei sudditi, soprattutto di quelli con qualche anno sulle spalle.
L’ambizione massima del perfetto suddito è ispirata al principio l’ignoranza è forza. E nel libello politico con il quale il sovversivo Goldstein vuole rovesciare il potere del Grande Fratello si descrive con esattezza cosa è lo stopreato, il riflesso condizionato che ti impedisce di compiere anche il più innocente sbaglio attraverso una ferrea autocensura preventiva che agisce fin dalle soglie dell’inconscio. Qui val la pena citare il passo più significativo: questa facoltà “include la capacità di non cogliere le analogie, di non riuscire a percepire errori di logica, di equivocare anche sugli argomenti più semplici, ove essi siano incompatibili con il Socing (nella neolingua è l’ideologia del socialismo inglese che ispira appunto la dittatura del Grande Fratello, ndr) e soprattutto di essere presto affaticati e respinti da qualsiasi tentativo di elaborare una dialettica di pensiero che sia suscettibile di condurre in una direzione eretica”. Se si perdono la facoltà dell’analogia e la logica si perde qualsiasi resistenza alla propaganda. E oggi forse questo aspetto del totalitarismo orwelliano è più presente di altri. E l’ignoranza come superficialità del giudizio, come irresponsabile modo di osservare e giudicare la realtà attraverso lo specchio distorto di Internet, è la realizzazione di quell’utopia negativa prevista in 1984. Ed è da quella che dobbiamo guardarci più che dalla violenza di qualsiasi ideologia. Ed è con libri come questo che si formano gli anticorpi necessari. Per evitare certo di cader preda dei più improbabili slogan politici ma anche per poter ridere di tutto. Quando infatti di libri se ne sono letti a sufficienza, quando si saranno tenuti in sufficiente allenamento i neuroni per tutte le necessarie sinapsi, quando le analogie e le deduzioni logiche saranno fresche e agili come quelle di un genio della matematica, allora si potrà ridere o almeno sorridere della didascalia che, a margine della foto di Bergoglio che fa capolino da dietro la porta, recita: “ecco finalmente svelato cosa si nasconde nella stanza 101”.