In ogni articolo di questo blog non si fa che ripetere che i classici sono una garanzia di soddisfazione per qualsiasi lettore. Un libro che ha passato la prova del tempo sa essere sempre attuale e quindi universalmente adatto a ogni lettore. Lo abbiamo scritto e ripetuto fino alla noia. Però le occasioni per ripeterlo sono sempre diverse e sempre stimolanti. L’ultima mi viene dalla lettura di Dice Angelica di Vittorio Macioce (appena pubblicato da Salani). Vittorio (permettetemi l’uso del solo nome visto che siamo colleghi e ci conosciamo da molti anni) è riuscito a dare corpo a un suo sogno. Un sogno che coltivava da tanto tempo: offrire nuova linfa a una mitologia fatta della carne, delle emozioni, dell’umanità degli abitanti del mondo di oggi calati però nella cornice dei poemi cavallereschi.

Un’impresa tutt’altro che agevole. E che poteva riuscire soltanto a chi avesse saputo innanzitutto leggere con profitto quei capolavori che forniscono il materiale di questo libro. Iniziamo da qui. I capolavori sono innanzitutto l’Orlando furioso di Ariosto. Ma non solo. Echi abbondanti del Pulci (Morgante) e del Boiardo (Orlando innamorato) risuonano tra queste pagine. Senza pedanteria. Ed è qui che si scopre la bravura di Vittorio lettore/scrittore. Il creatore (ma sarebbe più giusto dire il “compagno di strada”) di Angelica ha fatto suo quell’universo poetico in maniera così intensa e viscerale da saperlo rianimare in un contesto affatto moderno senza lo stridore di operazioni esclusivamente nostalgiche.

Il giornalista di vaglia e, soprattutto, lo scrittore di profonda sensibilità hanno  poi saputo trovare la chiave moderna per interrogare Angelica e per analizzare la pazzia di Orlando. Un anello, questa l’unica arma a disposizione della bellissima principessa del Catai per spogliare la realtà del suo luccicante vestito di illusione, per sfrondare l’albero della verità dalle potentissime fake stories. In una parola per fare da antidoto alla follia degli uomini. Follia che nel mondo di oggi è al grado massimo dove tutti ci scopriamo disorientati e frenetici come i paladini e i cavalieri saraceni che si rincorrono ciechi dentro i castelli di Atlante. Ci aggiriamo tra i labirinti dei social e del web convinti di essere portatori di verità inconfutabili, mentre siamo soltanto cavie da laboratorio.

La lingua di Vittorio è moderna. E modernissima la voce di Angelica. Una donna/oggetto del desiderio. Una ragazza che confessa apertamente: “non sono l’orfana abbandonata e derisa. Non ho missioni da intraprendere. Nulla mi deve essere rivelato… Sono una che si affanna per sopravvivere”. Eppure i suoi occhi e la sua bellezza fanno da motore a questa giostra impazzita. Evitiamo di fare una pedissequa sinossi del racconto. Tanto la materia è un “classico”. Ci basti qui ricordare con le parole di Angelica stessa cosa scatena la sua bellezza. “Il desiderio muove il mondo. Solo che questo mondo bisognerebbe guardarlo con i miei occhi. Io darò pure un senso alla vita degli altri, ma la mia vita che senso ha?” Vittorio non ha letto bene soltanto i poemi cavallereschi e la poesia ariostesca. Ha digerito tutto Pirandello e tutto Calvino (l’atmosfera sospesa di questo romanzo ricorda più i paesaggio della Trilogia degli antenati che i poemi di Boiardo e Ariosto).

E qui veniamo al punto da cui siamo partiti: perché leggere i classici? Perché ci danno risposte ancora valide. E non solo. Nel caso di un bravo scrittore sanno essere ancora materia da sfruttare e da plasmare all’occorrenza. Terracotta elastica nelle mani di un sapiente vasaio. Dice Angelica è soltanto l’ultimo esempio in ordine di tempo. A me personalmente me ne vengono in mente due. Affatto diversi tra loro, peraltro. Il primo è Il professore va al congresso di David Lodge (dietro questo pessimo titolo si cela il meraviglioso originale di Small world). Il secondo è lo straordinario Cassandra di Christa Wolf. Il professor Lodge prende di peso Angelica e il suo codazzo di ammiratori impazziti e lo trasferisce nella bolla dei conferenzieri accademici del British Council che girano il mondo in aereo (da qui il titolo) per esporre dietro congruo compenso le loro teorie letterarie ma in verità spinti esclusivamente dal ritrovare la misteriosa Angelica. La Wolf, invece, prende di peso un personaggio straordinario della letteratura antica e lo fa rivivere. Prende solo Cassandra e la fa parlare come parlerebbe una donna moderna ed emancipata, battagliera,  ma disillusa.  E le parole che pronuncia sono pesanti come pietre e taglienti come vetro. La materia è quella conosciuta, ma la sensibilità e lo sguardo moderno quasi la stravolgono.

E Vittorio fa lo stesso: la sua lingua dà corpo a un sogno moderno. E l’universo fantastico dei poemi cavallereschi sembra assumere i contorni e il montaggio sincopato di un videogame, mentre la Luna dove vola in missione Astolfo sembra avere gli stessi connotati del nostro piccolo mondo tutto chiuso nella prigione del web: “Qui ci sono le preghiere e le promesse degli umani, le lacrime e i sospiri degli amanti, il tempo che si perde al gioco e l’ozio degli sfaccendati e pure la fama, quella fama che sulla Terra spesso non dura più di un quarto d’ora”. E’ la luna ma potrebbe essere il piccolo claustrofobico mondo dei social.

Questo post è una sorta di piccolo (e modesto) ringraziamento da lettore. Non soltanto è stato un grande piacere ritrovare Angelica ma anche gli eroi che per secoli hanno popolato queste saghe. E che ora ritornano con una ritrovata umanità. “C’è chi li chiama giganti  e chi superuomini – scrive Vittorio -, ma il senso comunque è quello. Sono umani troppo umani. Sono l’incrocio tra spirito e materia. Sono quelli che hanno quel qualcosa in più, per coraggio, forza, saggezza, visione, furbizia o capacità di resistere alla fatica. Non sono dei santi, perché ognuno di loro si porta appresso il peccato originale e spesso tende pure a ingrassarlo. Sono quelli che, bene o male, sono destinati a sopravvivere  come ricordo”. Sono dei classici.

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