“Guerra senza limiti” tra Stati Uniti e Cina. Questa è la copertina scelta per il sessantesimo numero della rivista di studi geopolitici Eurasia, recentemente pubblicato. La formula fu coniata vent’anni da due colonnellli dell’esercito cinese, Qiao Liang e Wang Xiangsui. Ma davvero siamo dentro a un conflitto di questo tipo?

“Qiao Liang e Wang Xiangsui – spiega il direttore di Eurasia, Claudio Mutti – hanno chiamato ‘guerra senza limiti’ il conflitto caratteristico dell’età della globalizzazione, che si svolge su un campo di battaglia illimitato in quanto trascende l’ambito militare ed è affare di politici, di scienziati, di banchieri, più che di soldati. Le armi che vengono usate in questo tipo di guerra sono le sanzioni commerciali, gli embarghi, le speculazioni finanziarie, le azioni di pirateria informatica, le manifestazioni per i ‘diritti umani’, le ‘rivoluzioni colorate’, i movimenti secessionisti, gli attentati terroristici, il bioterrorismo. L’autorevole analista William Engdahl, membro del comitato scientifico di ‘Eurasia’, sospetta che fra le armi usate nella ‘guerra senza limiti’ in atto fra Stati Uniti e Cina rientrino anche eventi come il devastante attacco della peste suina africana alle scorte alimentari della Cina o come le esondazioni dello Yangtze, che hanno minacciato la gigantesca diga delle Tre Gole e hanno inondato Wuhan ed altre grandi città della Cina devastando milioni di ettari di terreni coltivati”.

Ma è possibile uno scontro aperto di carattere militare tra Cina e Stati Uniti? I due rivali sono destinati a cadere in quella “trappola di Tucidide” prefigurata, per esempio, da Graham Allison nel suo saggio “Destined for war”?

“Secondo Graham Allison – prosegue Mutti – negli ultimi cinquecento anni si possono individuare almeno sedici casi storici in cui una potenza in ascesa ha sfidato il potere costituito di un’altra potenza e dodici di questi casi sono sfociati in una guerra. Da ciò egli conclude che la guerra fra Stati Uniti e Cina non è inevitabile, ma è possibile; anzi, se la tendenza attualmente in atto proseguirà, uno scontro armato non solo è possibile, ma è molto probabile. Allison, che ha scritto il suo libro nel 2017, prevede che occorra almeno una decina d’anni perché le capacità militari della Cina possano raggiungere il livello di quelle statunitensi; nel frattempo, perciò, Pechino si impegnerà ad accumulare vantaggi decisivi nel Mar Cinese Meridionale. Lo scontro militare sarebbe sicuro qualora i Cinesi attaccassero le basi americane in Giappone o a Guam”.

Cinesi, che, prosegue Mutti “da un pezzo non sono più prigionieri di stantii dogmi ideologici, sono convinti che il futuro si configurerà sulla base delle realtà geografiche ed economiche, sicché la loro strategia si impronta alla realpolitik. Essi ritengono che la grande strategia americana nei confronti della Cina comporti cinque obiettivi: isolare la Cina, ‘contenere’ la Cina, ridurre la Cina, dividere la Cina al suo interno e sabotare la dirigenza cinese. Tuttavia si aspettano che prima o poi gli Americani tornino ad occuparsi dell’Asia occidentale, della Russia e dei loro problemi interni. Quanto alla strategia di Pechino, essa mira a rafforzare le relazioni diplomatiche ed economiche coi vicini, incoraggiandoli a cooperare con la Cina ed allentando in tal modo i loro vincoli con gli Stati Uniti”.

Ma le relazioni economiche, e anche importanti, sono state stabilite anche con l’Italia. Ilprimo Governo Conte aveva siglato il memorandum per la Nuova Via della Seta. Poi sono arrivate le pressioni americane per il 5G cinese…

Alla vigilia dell’ispezione di Mike Pompeo a Roma – afferma ancora il direttore di Eurasiain un articolo pubblicato sul ‘Messaggero’ (27 settembre 2020) l’ambasciatore Lewis Eisenberg ha ricordato all’Italia che qui i padroni sono loro (‘L’Italia ospita oltre 30.000 membri delle forze armate statunitensi’) e quindi il governo italiano non deve permettersi eccessive libertà nei rapporti coi nemici della potenza egemone. La quale, per quanto riguarda in particolare il 5G, esige l’esclusione totale di Huawei dall’Italia, sul modello della decisione netta e radicale assunta dal governo di Londra dopo i tentativi di resistenza al diktat americano. D’altronde già nel marzo dell’anno scorso, quando il presidente del consiglio italiano Giovanni Conte firmò il memorandum d’intesa sulla Nuova Via della Seta, il portavoce del National Security Council (il principale organo consultivo della Casa Bianca in materia di politica estera) avvertì il governo di Roma che l’avvicinamento alla Cina, oltre a non recare all’Italia alcun vantaggio economico, ne avrebbe pericolosamente danneggiato l’immagine internazionale”. A buon intenditor…

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