I tanti estimatori di Marine Le Pen, dopo il suo gesto di libertà e indipendenza (aver rifiutato di coprirsi la testa con un velo per incontrare il Mufti di Beirut), dovrebbero correre in libreria. Lì potrebbero trovare un romanzo appena ripubblicato che potrebbe dare loro soddisfazione (oltre che un immenso piacere). Un romanzo intelligente e umoristico che ridicolizza l’osservazione cieca delle norme, soprattutto quelle imposte dalla religione islamica. Sono infatti tornati Humphrey Pump e Patrick Derloy, i protagonisti dell’Osteria volante di Gilbert Keith Chesterton (1874-1936). Il romanzo viene riproposto in una nuova veste dall’editore Lindau (la precedente edizione risale a una decina d’anni fa e la si deve a Bompiani). L’Osteria volante è un romanzo distopico (quindi sorprendentemente avveniristico quando uscì in Inghilterra per la prima vola nel 1914). Racconta di un’Inghilterra e di un Occidente dove l’Islam è diventato religione di Stato. E solo in pochi si ribellano a costumi che definire sobri sarebbe un eufemismo. Tra quei pochi si contano appunto l’oste Humphrey Pump e il capitano Delroy. Muovono la loro personale crociata contro la chiusura dei pub da un’intuizione avvocatesca. Il corpus integrato e rinnovato dei codici non prevede alcuna legge che vieti la vendita di alcol su un mezzo fornito di ruote. Ecco che i due quindi si mettono a girare la vecchia Inghilterra trascinandosi dietro – sopra un carretto – un barile di rum e una forma di cheddar. Per un po’, il novello Robin Hood delle gole secche riuscirà a gabbare la legge, ma i sostenitori aristocratici e intellettuali del proibizionismo sono sulle sue tracce, capeggiati da lord Ivywood, campione dell’adesione cieca alle norme, simbolo di una classe dirigente troppo innamorata del potere per rendersi conto di  quanto costi in termini di buonsenso e di dignità conservarlo. Per vincere la loro battaglia i nostri eroi anti-proibizionisti attraversano il Paese e fanno proselitismo, non senza affrontare situazioni paradossali, umoristiche, avventure galanti o romantiche incluse. Oggi questo romanzo è di un’attualità sconcertante. Sembra scritto ora per quanto ridicolizza i fanatici di ogni regola (dai vegani ai puritani, tutti passano sotto le forche dell’ironia di Chesterton). E non c’è pagina, poi, che non trasudi felicità e ottimismo, in barba proprio alle ideologie pessimistiche del Novecento. Un ottimismo che ha reso l’autore odioso al mondo accademico e ai salotti intellettuali, ma che tanto bene può fare ai lettori.

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