Scende in campo Swift per difendere la Mazzucco
A scorrere l’elenco dei libri che in passato, nel nostro recente passato, hanno subito l’onta di processi per sospetta pornografia, c’è da rimanere rassicurati. Sono tanti e la maggior parte di essi sono divenuti nel tempo pietre miliari della storia letteraria novecentesca. Qualche esempio? Si va dalla Singolare avventura di viaggio di Vitaliano Brancati, al Garofano rosso di Elio Vittorini, senza dimenticare poi La pelle di Curzio Malaparte, Ragazzi di vita di Pier Paolo Pasolini. E poi ancora La ciociara di Alberto Moravia e Un amore di Dino Buzzati. L’elenco comprende anche volumi più recenti come Altri libertini di Pier Vittorio Tondelli e Sodomie in corpo 11 di Aldo Busi.
In tribunale sono arrivati, ben inteso, tanti altri libri che però (un esempio su tutti è il celeberrimo Porci con le ali scritto da Marco Lombardi Radice e Lidia Ravera) non hanno una qualità letteraria tale da consegnarli alla memoria collettiva e nelle collane letterarie come classici contemporanei.
Detto questo, quindi, Melania Mazzucco può stare più che tranquilla. E’ in ottima compagnia. D’altronde le sue qualità di scrittrice non hanno bisogno di giudici o aule di tribunali. Ha vinto il premio Strega con il romanzo Vita (Rizzoli) nel 2003 e ci ha consegnato storie di pregevole fattura stilistica e di forte impatto emotivo come Lei così amata (Rizzoli), La camera di Balthus (Rizzoli) e soprattutto Un giorno perfetto (Rizzoli). Quest’ultimo si segnala infatti per il tema tutt’altro che facile e di forte attualità. Un romanzo che agisce sul lettore proprio come un pugno nello stomaco, per la sua forza emotiva e per la sua cruda verità.
Se adesso il suo ultimo lavoro (Sei come sei, pubblicato da Einaudi) ottiene gli onori della cronaca per una odiosa storia di censura e di carte bollate è dovuto proprio al coraggio che la scrittrice romana ha messo in campo per affrontare temi scomodi come l’amore omosessuale e la procreazione assistita. Non per farne pornografia a buon mercato, beninteso. Questo è del tutto evidente, dal momento che la Mazzucco non ha certo bisogno di farsi pubblicità. Per argomentare, invece, con la grazia e il talento che solo un narratore di vaglia sa utilizzare, temi scomodi da analizzare in tutte le diverse angolazioni.
E gli insegnanti e la preside del liceo romano dove il libro è stato letto e discusso da due classi ginnasiali sono partiti proprio da questi presupposti per il loro progetto: fare leggere ai ragazzi il libro in questione e discuterlo insieme, cercando di capire i vari punti di vista e soprattutto valutando con passione squisitamente letteraria la portata del messaggio proposto dall’autrice. Ora le associazioni “Giuristi per la vita” e “Pro vita” hanno promesso di portare il caso in tribunale per “oscenità” e “corruzione di minori”. Possiamo già dire che difficilmente troveranno un giudice disposto ad accogliere la loro tesi, non foss’altro che per la difesa appassionata del libro e dell’iniziativa che gli studenti stessi hanno manifestato.
Sui social network intanto si è già acceso un dibattito molto vivace sul fatto che “certi libri” non sono letteratura e che al ginnasio andrebbero proposte letture più collaudate. Insomma, per farla breve il senso di quello che si dice è: questa non è letteratura meglio far leggere capolavori riconosciuti. Il buon senso ci dice che, laddove il tempo sia tiranno, è meglio andare sul sicuro. Però a volte i classici si raggiungono passando dalla stretta soglia della contemporaneità. Per invogliare qualcuno a divenire un “lettore” a volte è necessario lusingarlo con temi e ragioni che popolano il suo orizzonte d’attesa. Quindi, a ben vedere, anche i professori che hanno affrontato questa difficile scelta, possono vantare argomentazioni valide.
Aveva ragione Jonathan Swift quando diceva: “La censura è la tassa che un uomo paga per essere famoso”. Che, pensando al caso della Mazzucco e del liceo romano, fa da contraltare a un’altra massima dello scrittore irlandese: “Gli uomini più sicuri di sé sono i creduloni”.