Quando Noel Coward scriveva quella che è forse la sua commedia più rappresentativa Spirito allegro, andata in scena per la prima volta nel West End nel 1941) stava certamente pensando a Mrs Lucas. Ovvero alla signora Lucia, che nella Londra della fine degli anni Trenta era divenuta un personaggio così popolare da risultare più che mondano, quasi paradigmatico con le sue ansie da parvenue e la sua passione per le sedute spiritiche. Quindi un personaggio da ridicolizzare, da citare, sul quale ironizzare con agio e divertimento, anche se la signora in questione è soltanto un personaggio di carta. Uscita dalla versatile penna di Edward Frederic Benson (1867-1940), la simpatica e audace Lucia rappresenta l’eroina di una «saga» dedicata al confronto che da sempre si stabilisce tra la vita di provincia e i salotti metropolitani; tra gli agi e l’ottusità campagnola e lo «spirito allegro» della grande città. I critici hanno spesso paragonato il «padre» di questa eroina da rotocalco a una sorta di antagonista di Wodehouse. Con il creatore di Jeeves, Benson ha in comune un umorismo raffinato, una lucida visione delle ipocrisie e delle debolezze della buona società e soprattutto un’idea della letteratura leggera e solo apparentemente svagata. Benson torna adesso nelle nostre librerie proprio con il titolo più rappresentativo e fortunato della saga dedicata a Mrs Emmeline Lucas: Lucia a Londra (Fazi editore). Rileggendo questa pietra miliare della letteratura umoristica, saltano agli occhi le differenze, oltre che le affinità, con il grande Wodehouse. Come questi si concentrava sull’uomo, analizzando quasi al microscopio pecche e difetti del signorotto imbelle, Benson offre un quadro d’insieme e forse, proprio per questo, più realistico dell’alta società londinese.

D’altronde gli interessi dello stesso Benson sono sempre stati molteplici. Versatile, cosmopolita, poliglotta, interessato soprattutto all’archeologia, il padre di Lucia è il perfetto prototipo del gentiluomo inglese. Figlio dell’arcivescovo di Canterbury, fratello di Robert Hugh altro prototipo del perfetto dandy nonché sodale di Frederick Rolfe (alias Baron Corvo), Benson è stato educato nell’ovattato ma rigido cenacolo di Cambridge. Alle cene del suo circolo (il Pitt Club) sedeva accanto a personaggi del calibro di John Maynard Keynes e del futuro re Giorgio V. Aveva quindi familiarità con le norme della high society che solo un regolare frequentatore come lui poteva criticare con altrettanta pungente precisione.

Lucia a Londra, però, si offre anche come parafrasi della stessa vita di Benson, diviso, com’era, tra i due poli della vita di società inglese: da una parte il buen retiro nell’East Sussex, dall’altra il pied à terre londinese. Dietro la placida cittadina di Riseholme dove Lucia vive con il marito Pepino si nasconde infatti Rye. Qui scelse di lavorare Benson. In una casa (Lamb House), tra l’altro, che trasudava letteratura, visto che per anni era stata la residenza inglese di Henry James. D’altronde non stiamo parlando di un faticoso ambiente agrario. Piuttosto di un ricercato villaggio popolato da gente che aveva come unica preoccupazione la lotta alla noia. «Riseholme – spiega Benson – era uno di quei luoghi felici dove il proverbio il “tempo è denaro” non corrispondeva affatto alla realtà, dal momento che nessuno con il proprio tempo aveva mai guadagnato un penny». La cornice londinese del romanzo, invece, non ha assunto un nom de plume. Benson, proprio come Lucia, aveva un appartamento nella placida atmosfera di Brompton square, vale a dire al centro del già allora esclusivo quartiere di Knightsbridge. Habitat ideale del perfetto snob. E se c’è una cosa per cui i romanzi di Benson vanno posti in bella vista negli scaffali della letteratura inglese è proprio la capacità di rendere appieno il modus operandi degli snob, denunciandone con eleganza e perfetto understatement tutti i meccanismi. Se però qualche lettore dovesse ancora coltivare qualche dubbio interviene lo stesso autore a chiarire il tutto. Al solito dilemma che colpisce i blasonati circa il fatto se sia giusto o meno invitare al proprio desco gli arrampicatori sociali risponde Benson: «La differenza tra te e Lucia è completamente a suo favore, perché tu fai finta di non essere una snob, e lei invece è terribilmente aperta e franca su questo punto. Inoltre, a che serve una duchessa come te se non a dare piacere agli snob? È questo il tuo lavoro nel mondo, cara».

Fazi, intanto, promette, dopo Lucia a Londra, altri titoli della saga. Speriamo soltanto che qualcuno si ricordi anche della sua vena gotica, altrettanto incisiva di quella umoristica. I suoi racconti fantastici sono ancora molto popolari al di là dell’Atlantico dove un Howard Phillips Lovecraft ha più volte tributato a Benson gli onori che si devono a un maestro.

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