Tempo di riletture. Complice la nuova e preziosa traduzione di Matteo Colombo, ho ripreso in mano Il giovane Holden di J.D. Salinger. Come accade di solito con le riletture, riprendere in mano un libro già letto offre l’opportunità di mescolare nuove sensazioni a emozioni già vissute. D’altronde è la nostra sensibilità a essere cambiata, non il libro (anche se la nuova edizione Einaudi offre comunque numerosi vantaggi per i giovani lettori di oggi).
Il critico americano Stanley Fish ha detto una volta che il senso di un libro lo fa il lettore. E questa sua teoria mi è tornata in mente dopo aver finito di rileggere l’ultima pagina del “Giovane Holden”. Mi sono infatti messo a riflettere sul perché fosse un libro di così largo successo e sul perché mi apparisse ora tanto diverso dalla prima lettura che ne feci in età ancora adolescenziale.
Giusto per non sembrare oscuri in questa disamina val la pena ricordare che il romanzo racconta appena tre giorni della vita di Holden Caulfield. Subito prima delle vacanze natalizie questo newyorkese sedicenne viene cacciato dal collegio. Prima di dirlo ai suoi genitori, il ragazzo si concede due giorni di libertà e sono le esperienze di quei due giorni, miste a ricordi e riflessioni, che Holden narra in prima persona. Apparentemente niente di speciale. Eppure il libro è uno dei più robusti long seller dell’editoria moderna. Quindi val la pena soffermarsi a riflettere sui suoi ingredienti.
Intanto va detto che prevalentemente questo libro finisce nelle mani di adolescenti o di ventenni. Lettori disposti subito a sentire le tante affinità sbandierate dal protagonista. In fondo Holden ha di buono una sensibilità affatto straordinaria e un linguaggio che mescola l’enfasi all’ironia, quindi molto accattivante.
Salinger, però, fa di più che creare un personaggio memorabile. Fa di più che riprodurre una lingua “autentica”. Fa di più che regalare perle di profondità. Salinger bara. Ebbene sì, questo libro è scritto col trucco. Ne ho le prove e le vado a elencare.
1) il protagonista è un sedicenne. Salinger ce lo descrive come più alto della media e soprattutto con qualche capello precocemente ingrigito. Trucchetto di bassa lega per consentirgli di fare e di dire cose che naturalmente sarebbero improbabili per i sedicenni non solo del 1950 ma anche per quelli di oggi
2) munisce lo stesso sedicenne di un senso dell’ironia troppo sviluppato. Ecco un solo esempio. Nella prima parte del racconto Holden entra in un locale dove suonano musica. “Buddy Singer e il suo fetentissimo gruppo suonavano Just one of those things, nemmeno loro riuscivano a rovinarla del tutto. È un pezzo magnifico”. Ci vuole esperienza di vita per arrivare a simili conclusioni con il tocco leggero dell’ironia.
3) il protagonista è solo un sedicenne che va male a scuola, eppure se si fa un po’ di attenzione ci si accorge che non è così. Il protagonista è uno scrittore. È una persona con una sensibilità straordinaria che si mette a nudo. Con la stessa ostentata ingenuità di un adolescente, rubando il suo stesso linguaggio, le sue idiosincrasie, le sue intemperanze, allo scopo di risultare più autentico. Quando i lettori si innamorano di Holden, spesso non si accorgono di innamorarsi dell’idea stessa di uno scrittore sensibile e generoso. Uno che mentre ascolta e osserva un’orchestra si concentra sul suonatore di timpani; uno che si chiede che fine fanno le anatre del laghetto di Central Park quando d’inverno è tutto gelato; uno che insomma ha come sogno principale quello di fare il guardiano di un campo di segale (che poi è il titolo originale del libro) dove i bambini giocano spensierati perché su tutto ama proprio la spensieratezza e la purezza dell’infanzia.
4) perché le idiosincrasie e debolezze di Holden sono quelle del perfetto scrittore. O meglio dello scrittore che non è stato assalito dal morbo dell’ipocrisia.
Insomma per i giovani lettori questo racconto è un capolavoro dal momento che dispiega con sapienza ed efficacia il libro più segreto dell’umanità: l’eroe protagonista lotta contro i luoghi comuni, contro il conformismo, e si batte per l’immediatezza delle emozioni. Ma è anche il cripto-scrittore a battersi sullo stesso fronte, perché in fondo questa è la missione propria di ogni scrittore che si rispetti, di ogni scrittore capace di sedurre il vasto pubblico dei lettori.
Quasi a fine racconto un vecchio insegnante di Holden prova a consolarlo. Il ragazzo gli ha appena confessato quanto si senta diverso dal conformistico e ottuso comportamento dei coetanei. Un discorso, quello dell’insegnante, che finisce per essere una profezia. “Scoprirai di non essere stato il primo a sentirsi confuso e spaventato, e perfino disgustato dai comportamenti umani. Non sei affatto solo, in tutto questo, e scoprirlo sarà emozionante e stimolante. Tanti, tanti altri uomini hanno provato lo stesso turbamento morale e spirituale che provi tu ora. Fortunatamente alcuni di loro hanno messo quei turbamenti per iscritto. Tu imparerai da loro… se lo vorrai. Così come un giorno, se avrai qualcosa da offrire, qualcun altro imparerà da te”. E il bello è che questa profezia è riportata nel libro che ne sancisce pienamente la sua realizzazione. Piccolo peccato di vanità?

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