Gli scrittori inglesi hanno un handicap di fondo difficilmente superabile. Un handicap che può anche essere considerato però come il motore primo della stessa narrazione letteraria moderna. Gli scrittori inglesi infatti hanno un avo (sorta di Padre della Patria) che risponde al nome di Laurence Sterne (1713-1768). Ecclesiastico dalla cultura vasta e dalla personalità eccentrica, Sterne è, tra le altre cose,  autore di un libro ancor oggi insuperato: La vita e le opinioni di Tristram Shandy, gentiluomo (tra le edizioni economiche italiane ricordiamo quelle Bur, Oscar Mondadori e Garzanti). La biografia del signor Shandy è considerato il primo romanzo inglese moderno. Anche se in verità si tratta più che altro di un raffinato gioco letterario, una sorta di esperimento con il quale Sterne cercava di capire quali erano i limiti materiali del “mezzo” romanzo. E infatti la biografia si perde in una lunga serie di digressioni che cercano di avvicinare il momento della scrittura al tempo stesso della vita. Quasi a voler fare una fotografia esatta della stessa ispirazione letteraria. Il libro, pur godibile ancor oggi, richiede da parte del lettore l’accettazione di una sfida e soprattutto un bagaglio di pazienza ampio e capace. Se di lettori questo capolavoro riconosciuto ne ha avuti comunque tanti, di scrittori disponibili a misurarsi con le stesse sfide se ne possono contare sulle dita di una mano e peraltro vissuti  in epoche ben lontane dalla nostra.

Oggi tuttavia tra le novità che ci propone il mercato letterario inglese c’è una scrittrice che ha voluto non dico accettare la sfida lanciata quasi tre secoli fa da Sterne, ma almeno che ha proposto una soluzione narrativa affatto originale e ricca di interessanti sviluppi.

La scrittrice in questione si chiama Kate Atkinson e il suo ultimo libro (Vita dopo vita) è stato appena tradotto in italiano dalla casa editrice Nord. Si tratta di un libro che ha letteralmente sbaragliato la concorrenza sia in patria che al di là dell’oceano. Milioni di copie vendute per una storia che ha al centro della scena il personaggio di Ursula Todd. Un libro che in più di cinquecento pagine racconta proprio la vita di Ursula. Solo che già alla fine del primo paragrafo la nostra muore praticamente appena nata, complice un cordone ombelicale stretto attorno al suo piccolo collo. E’ l’11 gennaio del 1910. E Ursula, quindi, non sopravvive al suo primo giorno su questa terra. Eppure il libro va avanti e racconta con dovizia di particolari proprio la vita della signorina Todd. E questo in virtù di un’idea originale: cosa succede se il protagonista invece di scomparire, rinasce ogni volta e supera il punto delicato della sua prematura scomparsa? Ursula così ritorna. Il medico che la fa nascere riesce a scioglierla dall’abbraccio mortale del cordone ombelicale. E questo “miracolo” si ripete più volte. Alla fine avremo non soltanto la vita di Ursula raccontata nei particolari, ma anche la cronaca pietosa e dolorosa delle sue tante morti. D’altronde è anche il caso di una vita appasionante. Infatti la Atkinson fa presto a trasformarla in una eroina. Non foss’altro che per ragioni anagrafiche. Ursula testimonierà ad esempio con la sua dedizione nel lavoro delle squadre di soccorso il drammatico capitolo dei bombardamenti tedeschi sopra Londra durante la seconda guerra mondiale. Ma non farà solo questo. Ursula attraverserà tutte le tappe dell’emancipazione femminile nell’Inghilterra del primo Novecento. E ogni volta ripartirà dopo un addio, dopo un calvario, dopo una traumatica e improvvisa dipartita.

Alla fine ciò che rimane è la storia di un’eroina che sentiamo ancor più viva e presente perché ricca di esperienze ed emozioni che agli altri personaggi della tradizione romanzesca sono mancati.

Insomma sembra quasi l’invenzione di una app rivoluzionaria quella proposta dalla Atkinson che di sicuro porterà altri a cimentarsi con questo nuovo canone. Intanto, per l’autrice, la stampa inglese ha già scomodato nomi importanti, paragonandola di volta in volta a Jane Austen (per la brillantezza dello stile) e a George Orwell per la lucida visione d’insieme. Personalmente la vedo più affine a Virginia Woolf, con la quale sicuramente condivide l’audacia propria di chi trova soddisfazione soltanto nel superare limiti e confini.

Se non possiamo quindi dire che Sterne sia stato superato, di certo la Atkinson, come prima di lei la Woolf, è quasi riuscita nell’intento di oltrepassare il limite posto dall’eccentrico ecclesiastico di origini irlandesi quasi tre secoli fa. Se ha fallito, resta tuttavia una constatazione confortante (almeno per l’autrice): come nel salto in alto, l’asticella si è pericolosamente avvicinata alla misura del record.

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