Con la prima giannetta (venticello freddo in romanesco) si ammoscia la moda virtuosa dell’ice bucket challenge (quella secchiata di acqua ghiacciata per beneficenza) e prende corpo su Facebook l’onda della lista dei libri “della vita”. “Dieci titoli, così recita lo slogan, che ti hanno segnato e trasformato. Letti i quali non sei stato più lo stesso”. Il gioco ha regole precise: per stendere la propria top ten bisogna essere nominati da un amico. Al termine della stesura si deve poi indicare il nome di almeno due “amici di Facebook” che dovranno raccogliere il testimone del gioco e pubblicare a loro volta le top ten.

E’ un gioco. Nient’altro che un gioco. E la gran parte degli inquilini del social network in questione l’ha naturalmente preso per tale. C’è però una piccola frangia che tenta la resistenza al gioco “che fanno tutti”. Non si vogliono omologare. E non solo si rifiutano di fare la lista (che di certo non è obbligatoria) ma lo scrivono urbi et orbi sulla bacheca di Facebook. “A questo gioco io non ci sto!” Tuonano. Alcuni con stizzosa ironia. Altri con umorismo nero. Altri ancora lamentano l’assenza – nelle liste – di pietre miliari, di titoli che hanno fatto grande e imprescindibile proprio la letteratura (fosse vero!). Alcuni per mero snobismo. Altri per snobismo tutt’altro che mero.

Poi ci sono quelli, i più maliziosi, che invece accettano la sfida ma infarciscono la lista di titoli improbabili (c’è chi ha inserito anche il catalogo del Postalmarket, che – per inciso – non si pubblica più da oltre trent’anni).

E poi ci sono loro. I narcisisti. Quelli della lista “identitaria”. Quelli che, insomma, provano a chiudere il paradigma della loro cultura in un elenco di appena dieci titoli. Orgogliosi di mettere titoli difficilissimi o, al contrario, ansiosi di ritrovarsi nel mainstream del consenso. Contro questa “squadra”, la più affollata, è facile puntare l’indice:  ed è tutto un “vi siete dimenticati Moby Dick“, “Perché nessuno ha inserito la Bibbia?”

Eppure, a mio modesto parere, la lista ha un senso. Se un amico, una persona che ovviamente conosco abbastanza bene e della quale posso giudicare la personalità, il grado culturale, la curiosità intellettuale e i gusti, pubblica nella lista titoli che non ho mai letto posso essere spinto a prenderli e leggerli. D’altronde l’amico in questione diviene in quel momento un ottimo testimonial. Lo conosco, lo ammiro magari, e vengo a scoprire che è divenuto quel che è grazie anche a quel determinato libro che a me è finora sfuggito. In questo senso Facebook può sostituirsi ai critici militanti (categoria quanto mai in crisi in questo momento) e dare una mano alla letteratura semplicemente con l’arma del buonsenso: vale a dire con il più che tradizionale (e antichissimo) consiglio dell’amico.

Sul mio taccuino, lo confesso, ho segnato un bel po’ di quei titoli. Almeno una decina. Quasi una nuova top ten, ma – questa volta – dei libri ancora da leggere. Senza questo gioco magari non avrei mai più avuto l’occasione di imbattermi in quei volumi.

ps:

Mi permetto anche un plauso pubblico a Francesco Maria Del Vigo che i frequentatori del sito del Giornale conoscono bene. Nella sua, di lista, al primo posto campeggia il Vocabolario della lingua italiana.  Se i libri ti hanno cambiato la vita, il vocabolario – va da sé -è necessariamente una pietra miliare del percorso di un buon lettore.

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