Viaggiare in treno con Max Aub
La letteratura crea legami incredibili. Non solo perché resistenti ma per la loro imprevedibilità. Quando si viene a sapere che un amico o conoscente ama lo stesso libro introvabile e fuori moda che tu leggi e rileggi e che conservi gelosamente, sboccia un sentimento di soddisfatta gratitudine proprio nei confronti della letteratura. Non solo ci apre mondi e ci offre punti di vista affatto originali, ma ci consente di parlarci e di comunicarci le nostre più complesse idee ed emozioni. Se poi un libro amato e venerato è oggetto di ammirazione in una persona che ci apprestiamo a conoscere è naturale andare alla ricerca delle cosiddette affinità elettive. Il “riconoscimento” di una forte affinità, per esempio, mi è capitato ultimamente quando ho citato un libro molto particolare. Si tratta di Omicidi esemplari. E’ stato scritto alla fine degli anni Cinquanta in Messico da un autore cosmopolita e quasi apolide, Max Aub, che scelse appunto il Paese americano come luogo di definitiva residenza e del quale prese anche la nazionalità e dove morì nel 1972. In verità Aub nasce in Francia (Parigi 1903) da padre bavarese e madre francese di origine ebraica. E la sua vita è un lungo viaggio verso un porto sicuro, un luogo dove non si rischia la vita per le proprie idee politiche (come gli era accaduto in Spagna durante la guerra civile) e per le proprie origine (aveva abbandonato l’Europa poco prima della seconda guerra mondiale). Aub si è portato dall’Europa una straordinaria eredità: il surrealismo e la vivacità delle avanguardie del primo Novecento e le aveva rielaborate in una produzione drammaturgica molto ampia e affatto originale. Eppure in Italia è conosciuto soprattutto per questo libercolo pubblicato nel 1981 da Sellerio. Delitti esemplari è una raccolta di apologhi freddi e incisivi. Sono le confessioni di “una mente pericolosa”. Una mente che non ama il dialogo e il confronto. E che tutto risolve con impietosa freddezza. Questi apologhi non sono soltanto un divertissement che passa dallo scrittore al lettore senza soluzione di continuità. Sono anche un monito quanto mai valido oggi. Aprendo i quotidiani, ogni giorno scoviamo infatti notizie che parlano di delitti provocati da raptus e comunque considerati dagli osservatori e dai cronisti “inspiegabili”. Le “confessioni” raccolte da Aub sono sì pura invenzione ma raccontano di delitti che quotidianamente saremmo disposti a compiere se non fossimo governati da un potente super-Io. D’altronde chi non vorrebbe liberare antipatie e insofferenze con un delitto senza castigo? Ne prendo uno a caso per dare un po’ il senso e il sapore di questo sapido piatto surrealista: “Mi bruciò, forte, con la sigaretta. Non dico che lo fece con cattiva intenzione. Ma il dolore è lo stesso. Mi bruciò; mi fece male, vidi rosso, lo uccisi. Non ebbi – nemmeno io – intenzione di farlo. Ma avevo quella bottiglia in mano”. Sull’utilità di rileggere Aub oggi non serve nemmeno dilungarsi. Siamo precipitati in un tempo in cui l’odio e l’impulsività sembrano comandare e dirigere i nostri istinti meno razionali. Il dialogo e il confronto civile sono dei pallidi ricordi di un tempo ormai lontano. Ecco perché ci farebbe bene leggere Delitti esemplari: per ridere e sorridere di queste provocazioni d’artista. Perché il riso, si sa, ci aiuta a esorcizzare quella che è senza dubbio una delle più pericolose debolezze dell’uomo del XXI secolo.
Questi istinti omicidi, per fortuna, sono occasioni rare. Capitano però nella vita di tutti e anche nelle occasioni più comuni. E pur se restano latenti dimostrano la nostra incapacità di adattamento all’ambiente in cui ci troviamo. Per esempio la mia copia di questo prezioso libretto mi è stata donata da un amico al quale avevo confessato (eravamo a metà degli anni Ottanta quando iniziavano a diffondersi nelle nostra rete ferroviaria i treni con i vagoni senza scompartimenti) la mia idiosincrasia nei confronti dei vecchi treni con gli scompartimenti a sei posti. Dove, insomma, il viaggio poteva dimostrarsi una via crucis se gli altri viaggiatori si dimostravano rumorosi, impiccioni o molesti. Meglio i nuovi treni, avevo confessato all’amico. Questi mi regalò allora il libro di Max Aub che sentiva molto adatto a curare la mia vaga misantropia. Di questo ancora lo ringrazio. Come ringrazio l’amica che l’altro giorno mi ha confessato di amare lo stesso libro. E di mal sopportare, in egual misura, i lunghi viaggi ferroviari nei vecchi scompartimenti a sei posti. Se non sono affinità elettive queste….