E’ il sogno di ogni scrittore avere tra le mani un “personaggio leggendario” che – incredibile a dirsi – “è esistito davvero”. Però devi essere uno scrittore davvero bravo per maneggiare una “fortuna” simile senza sprecare il suo potenziale. Paolo Malaguti (classe 1978) lo è. Ne è prova il suo ultimo romanzo Il Moro della cima (Einaudi). Un romanzo che parla appunto di un personaggio avvolto da una gloriosa leggenda ma che è anche personaggio storico realmente esistito. Tale la sua fama e la sua leggenda che l’editore decide di aggiungere una foto del signor Agostino Faccin al fondo del volume. Quasi a testimonio dell’autenticità del percorso mostrato da Malaguti ai suoi lettori. Insomma per accrescere la meraviglia del pubblico, visto che non c’è niente di più stupefacente della realtà.

Il Moro all’anagrafe è Agostino Faccin. Un pioniere dell’alpinismo moderno. Una delle prime guide alpine delle Prealpi venete. Campione e custode di un ambiente che proprio l’anno scorso l’Unesco ha  qualificato come “riserva della biosfera”. Faccin fu tra i primi a guadagnarsi da vivere come guida di turisti ed escursionisti in un’epoca – siamo nei primi anni del Novecento – in cui ancora le meraviglie della Natura erano incontaminate e a disposizione di pochi e appassionati visitatori.

Malaguti ci racconta la storia di questo personaggio, che si intreccia con quella della montagna della quale il Faccin è stato l’indiscusso padrone per mezzo secolo. Una storia, la sua, che si intreccia anche con la Storia. Quando il fronte del primo conflitto mondiale finisce per passare proprio sopra la sua montagna, il Moro non può che osservare con disperazione la doppia violazione (della natura e dell’umanità).

Insomma di materiale a disposizione del Malaguti ce n’è più che in abbondanza. C’è la fame di una famiglia di contadini che spedisce i piccoli ad aiutare i malgari durante la stagione dei pascoli in quota. C’è, come abbiamo già accennato, la guerra. C’è il dolore e la speranza. C’è anche – se non soprattutto – l’intuizione che la Natura vada difesa, come vada anche osservato uno sviluppo sostenibile. C’è l’amore (soprattutto per gli animali) e c’è il dolore e la malattia. C’è anche la peste novecentesca (ovvero la Spagnola). Insomma non mancano tutti gli elementi che risultano essenziali per rendere la lettura una proficua esperienza (penso ad esempio quanto sarebbe utile che i nostri ragazzi lo leggessero a scuola).  E poi c’è il romanzo. Con la sua invenzione e le sue favolose creature (molte delle quali hanno continuato a popolare i sogni del protagonista fino alla fine dei suoi giorni). Il Moro diventa anche personaggio ironico e “rivoluzionario”, conducendo una sua personale guerra contro figure storiche del calibro del Generale Diaz, di D’Annunzio e di Vittorio Emanuele III. E Malaguti si permette quindi un piccolo saggio di racconto distopico. Senza, però, nulla togliere alla poesia della Grapa, la montagna che ha dato un senso alla vita e alla carriera di Agostino Faccin, finendo per renderlo un personaggio epico, un personaggio da romanzo. Una montagna che non è il Monte Grappa dei libri di storia. E su questo punto Malaguti (e il Moro con lui) è ben determinato. “La montagna è donna finché resta fertile – leggiamo al fondo di questo meraviglioso romanzo -, finché i suoi pascoli danno erba nuova e nuovi fiori anno dopo anno. Lassù su quella che un tempo era stata la sua cima, casa sua, erba non ne sarebbe più cresciuta. Era diventato quello che avevano cercato e voluto dalla guerra in poi. Il monte, il simbolo, del popolo vittorioso, il sarcofago dei guerrieri morti nel fuoco e nel ferro”. Chi scrive non è mai salito su quella famosa montagna. Chiuso il romanzo, è stato quindi naturale andare a cercare su internet le immagini di quel sacrario militare. Bisogna ammettere che aveva ragione il Moro. La vita di quella montagna non sarebbe stata più la stessa e nemmeno il suo nome (la Grapa) era più in grado di raccontarne la magia. Ora lassù domina soltanto la retorica patriottica, costruita sul dolore e sul sangue di milioni di innocenti.

 

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