Quando i misteri ministeriali erano tutti da ridere
Il lockdown (dovuto alla pandemia), il ricorso massiccio allo smartworking e l’accelerare nel trasferire sul piano telematico il numero maggiore possibile di adempimenti burocratici e amministrativi ha senza dubbio modificato radicalmente i rapporti tra il cittadino e la Pubblica amministrazione. Possedere uno spid (e soprattutto saperlo usare) diventa quasi segno di onnipotenza. E quel piccolo utente/cittadino, che tanto miserrimo e indifeso si sentiva di fronte al gigantesco Moloch della macchina amministrativa, è diventato più grande e più forte. Fino al punto di muoversi sulle sue gambe. Anche lo stile del linguaggio burocratico ha dovuto prendere atto di questa trasformazione antropologica. E certi svolazzi retorici, certa sintassi involuta e claudicante, hanno lasciato il posto a un linguaggio anonimo, quasi ibrido. Spesso calco diretto dell’inglese. Diciamo che una certa atmosfera è persa per sempre.
Le cose migliori, però, di quel mondo (o meglio quelle più comiche) le possiamo ritrovare in un classico tornato da pochi mesi in libreria (ottimo spunto quindi per una strenna natalizia, originale e di sicuro effetto). Si tratta di Misteri di ministeri di Augusto Frassineti (che Einaudi ha in catalogo da cinquant’anni e che ora ripropone). Amato da Pasolini e Calvino, oltre che da Soldati e Flaiano, Frassineti è un minore del nostro Novecento. Ma uno di quei minori che hanno lasciato il segno. Nel suo caso si è trattato di un irriverente segno comico. Con il suo lavoro di ispettore ministeriale (per il ministero della Pubblica istruzione), ha potuto forgiare la sua arte letteraria nella fucina della macchina burocratica dove tutto viene anestetizzato e reso ermetico grazie a un linguaggio “ministeriale” incomprensibile e spigoloso.
Frassineti, immagina, il ritrovamento di un faldone. Appartenuto a un coscienzioso impiegato che ha messo da parte documenti, missive protocollate ed esposti di ogni genere. Soprattutto queste ultime erano indirizzate ai vertici del nostro apparato. I tempi cambiano, il tempo passa, il Duce, soppianta il Re e poi viene a sua volta soppiantato da ministri e presidenti della Repubblica, ma le lamentazioni contro un Moloch cieco e insondabile non cambiano registro. Frassineti usa un linguaggio mimetico per favorire la funzione satirica della letteratura. Altro pregio del libro è proprio questa lingua parodistica che facilita il delirio surreale. Quasi un Kafka che abbia incontrato un Manganelli. Un mix che molto piacque a Italo Calvino e che oggi potrebbe ancora sedurre tantissimi lettori, desiderosi di confrontarsi con un mondo ormai definitivamente tramontato ma ancora potentemente suggestivo nella sua eredità letteraria.