Taiwan, l’isola Bella
Battezzata “Formosa” dai Portoghesi, ovvero “bella”, l’Isola di Taiwan è una destinazione turistica dell’Estremo Oriente ancora semisconosciuta che riserva molte sorprese
Isola dal destino conteso e dall’identità spiccata, Taiwan mescola paesaggi disegnati da montagne lussureggianti terrazzate di risaie e piantagioni di tè, coste scoscese che si tuffano nel Pacifico, antichi templi fitti di oracoli e divinità, affollati mercati notturni, fonti termali fumanti e città che alternano nuovi eleganti palazzi a quartieri cinesi tradizionali dove la storia sembra essersi fermata.
Paese famoso per la tecnologia che è vanto della sua economia, ma anche scrigno della tradizione che vive nei templi, nei festival, nei musei e nelle celebrazioni, è fuori dalle rotte turistiche e riserba, pertanto, il fascino di una scoperta ancora esclusiva.
Una girandola di sapori
Il viaggio a Taiwan comincia da Taipei, “piccola capitale” asiatica (solo 2milioni e settecentomila abitanti) collegata all’Italia da due comodi voli settimanali diretti con l’aeroporto di Milano Malpensa (che diventeranno 4 dal 16 maggio) operati dalla compagnia Eva Air (www.evaair.com). Si sale a Milano e si scende nel “cuore” dell’Estremo Oriente.
L’esplorazione di Taipei può iniziare da Yongkang Street, con le sue raffinate case da tè, come Jing Sheng Yu (a Taiwan si producono alcuni dei migliori Oolong al mondo), localini, negozi del famoso Bubble Tea (nato da queste parti), ma anche di saponi, oli essenziali e prodotti cosmetici naturali di grande qualità come quelli di Yuan (l’isola è una miniera per i prodotti di bellezza), e un’offerta gastronomica che riassume tutta la Cina e spazia dalle specialità cotte a vapore della cucina cantonese del Sud ai ravioli di Shanghai alla cucina dell’Est e del Nord.
Prima tappa d’obbligo: Din Tai Fung in Shifu road nel distretto Xinyi, oggi un brand affermato nel mondo, nato proprio in questo locale nel 1972. Famoso per i suoi ravioli e gli Xiao Long Pao (pasta al vapore, con gamberetti, maiale o germogli di bambù). Un po’ di coda c’è sempre, ma vale la pena. Zuppe al curry o piccanti alla maniera di Sichuan, ma solo vegetariane, sono da provare invece da Easy House, uno dei diversi ristoranti vegetariani della capitale.
Per addentrarsi nei sapori dello street food si va nei mercati notturni come lo Shilhin night market, dove più che l’artigianato è il cibo a essere protagonista, insieme a un groviglio di giochi: i giovani taiwanesi si divertono con i flipper, con il tiro a segno dei palloncini per vincere pelouche giganteschi e ci sono banchi dedicati ai bambini che stanno ore a pescare pesciolini in piccole vasche.
In una strada affollata, si si sopporta l’odore dello chòu dòufu, un piatto con tofu fermentato, si possono provare il pollo katsu (specialità giapponese), la gelatina di Aiyu (dessert ottenuto dal gel dei semi del fico strisciante awkeotsang che cresce a Taiwan), la salsiccia piccola in salsiccia grande (uno spicchio di salsiccia di maiale taiwanese avvolto in una salsiccia di riso appiccicoso e cotto alla griglia), mentre il dolce nazionale è la torta di ananas.
Durante il weekend, preferibilmente di mattina, merita un giro il mercato della giada (pietra considerata medianica e molto preziosa) di Jianguo e il contiguo mercato dei fiori, un vero giardino botanico di orchidee, bonsai e fiori esotici.
L’elettronica, ma anche la skin care con una routine di bellezza made in Taiwan che sfida quella sudcoreana, stanno di casa nel giovane quartiere alla moda di Ximending molto amato da giovani e teenager che la sera affollano le strade illuminate da una miriade di insegne colorate, dove si esibiscono gli artisti di strada. Le ragazze vestite alla foggia manga ricordano l’influenza del vicino Giappone, che qui ha dominato per una cinquantina d’anni.
Molto giovane, funzionale e piacevole l’Amba Taipei Ximending Hotel, 4 stelle di design con elementi rétro e un’ottima prima colazione che ha un buon rapporto qualità/prezzo.
Nei colori dei templi
Sono numerosi i giovani che si vedono pregare nei templi dove, in un affollato Pantheon di divinità, convivono buddismo e taoismo. Strutture in legno smaltato dai tetti rossi incurvati, ornati e sorvegliati da dragoni (Long) colorati, simbolo yang di fecondità, forza e saggezza associati tradizionalmente all’imperatore, dove non manca mai la divinazione con i Jiaobei: mezzelune di legno con un lato arrotondato (yin) e uno piatto (yang) che vengono lanciate dopo aver formulato una domanda alla divinità prescelta.In base alla combinazione delle facce a terra (una ricurva e una piatta, entrambe arrotondate o piatte) si deduce una risposta affermativa, negativa o priva di responso. Entrano allora in gioco dei bastoncini sacri con scritte che rimandano a biglietti custoditi in madie fitte di piccoli cassetti. Oracoli e divinazione sono molto presenti nella religione.
Nel quartiere di Wanhua un tempo chiamato Banga, il più antico della città, una folla eterogenea officiante anima il Longshan Temple, costruito nel 1738 da coloni cinesi e dedicato a Guanyin Bodhisattva, la dea della misericordia, ritratta in una elegante statua dorata protetta dai suoi guerrieri che è sopravvissuta ai terremoti e perfino ai bombardamenti americani. Alti soffitti lignei, colonne bronzee, distese di offerte lasciate dai fedeli per ingraziarsi le numerose divinità, specializzate in medicina, affari, studi e cuori: dalla dea Mazu, la Dea del Mare, a Guan Di dalla faccia rossa protettore delle arti marziali, a Yue Lao, il vecchio uomo sotto la luna, il dio dei matrimoni che annoda un filo rosso tra i partner, con sembianze di saggio, venerato da una piccola folla giovanissima intenta a lanciare i Jiaobei e a posare biscotti, frutta e orchidee in segno di offerta.
L’antico e il nuovo cuore di Taipei
Poco fuori il Longshan Temple si percorre il Vicolo delle Erbe, un passaggio a elle fitto di banchetti che vendono aloe vera gigante, basilico, tisane, erbe, radici e si arriva al quartiere di Bopiliao, o Bopiliao Old Street, antico centro nevralgico del commercio di carbone durante la tarda dinastia Qing sul finire dell’800, con case in mattoni rossi, lunghi portici e balconi, recentemente restaurato e oggi luogo di passeggio ricco di are espositive.
Altro angolo del passato è Dihua Street, nel distretto di Dadaocheng, antica strada della città dove si trovano negozi che vendono erbe utilizzate dalla medicina cinese, incenso, tè e stoffe.
A Taiwan sono numerosi i parchi creativi, spesso ricavati in ex strutture industriali, dove si possono trovare negozi di design, laboratori, luoghi di incontro e confronto, esposizioni, come a Songshan Cultural and Creative Park, realizzato in un’antica e affascinante manifattura di tabacco.
Non mancano i saggi ingegneristici, uno tra tutti nel quartiere di Xinyi, distretto mondiale dei semi conduttori e dell’alta tecnologia, è la Taipei 101, dal numero dei suoi piani, fino al 2008 con i suoi 509 m il grattacielo più alto al mondo e oggi il quinto, ispirato alla forma del bambù con ascensori che, come missili, trasportano alla piattaforma panoramica dell’89esimo piano in soli 45 secondi.
Tra l’87esimo e il 92esimo piano è un’attrazione quasi ipnotica l’ammortizzatore statico più grande al mondo: una sfera in acciaio di 660 tonnellate sostenuta da pompe idrauliche in grado di controbilanciare le inclinazioni dovute agli uragani e ai terremoti.
Sulle 4 facciate poggiano 4 enormi monete e simboli di felicità a forma di nuvole, mentre draghi d’acciaio sorvegliano gli angoli. Dalla piattaforma panoramica la vista vola su tutta la città e le montagne che la circondano, mentre nel centro commerciale al piano terra va in scena il lusso internazionale.
Ma c’è un luogo dove la bellezza è antica, imperiale e il fascino dell’antica Cina svela tutta la sua secolare tensione estetica: il National Palace Museum, il museo nazionale della Repubblica Democratica di Taiwan, tra i più importanti musei al mondo, che vanta una collezione di 697.490 pezzi e oggetti antichi cinesi esposti a rotazione, un tempo parte del museo del Palazzo di Pechino inaugurato nel 1925. Una grandiosa collezione spostata diverse volte per sfuggire all’invasione giapponese e poi all’iconoclastia della rivoluzione culturale.
La visita è un viaggio in un elegante e imponente palazzo tra le meraviglie delle ceramiche, dei bronzi, dei mobili, dei dipinti su seta, delle giade e degli oggetti di uso quotidiano che abbraccia 8.000 anni di storia dall’età neolitica alla tarda dinastia Qing. Con autentici tesori e opere d’arte scolpite nei minerali, come la grande superstar: il centenario cavolo di giada. Una sezione distaccata, la Southern Branch, si trova a Taibao nel sud, ed è dedicata all’arte e alla cultura asiatica che hanno influenzato la società taiwanese.
Al cospetto del Generalissimo
Altro luogo imperdibile di Taipei è il Memoriale di Chiang Kai-shek, complesso architettonico monumentale realizzato negli anni ’80 in foggia classica, con un corpo centrale sovrastato da un immenso tetto ottagonale (numero fortunato simbolo dell’infinito) alto 76 m rivestito da piastrelle blu. Un’imponente scalinata di 89 gradini (come gli anni del Generale alla sua morte) di granito con ai lati nuvole che si rincorrono fino in cima, conduce alla stanza foderata di marmo dall’elegante soffitto in cipresso rosso decorato con un sole, dove troneggia la sua enorme scultura e dove ogni ora si assiste al complesso cambio della guardia. Anche se Chiang Kai-shek non è sepolto qui, l’atmosfera è quella di un santuario eretto a imperitura memoria dell’ex presidente della Repubblica di Cina, dove risuonano i tre pilastri del suo pensiero politico scritti dietro la sua statua: Scienza, Democrazia ed Etica, i Tre principi del popolo di Sun Yat-sen, fondatore del partito Kuomintang.
Il Memoria Hall sovrasta una piazza infinita e spettacolare con quattro porte, molto animata dove nei giardini la mattina presto la gente pratica il Tai Chi.
A Maokong un tuffo nel tè
Dalla Capitale a bordo della Maokong Gondola, una cabinovia che parte dallo zoo si raggiungono dopo 4 km le montagne che si trovano a sud della città, nel distretto di Wenshan, area di coltivazione di tè.
Si sorvolano colline rigogliose, orti e piantagioni e si può scendere alla terza stazione per visitare il Tempio Zhinan, conosciuto anche come Tempio Xiangong, fondato nel 1882 in onore del maestro taoista Lu Dongbin, uno degli Otto Immortali, luogo di culto importantissimo che intreccia confucianesimo, buddismo e taoismo.
Scendendo all’ultima fermata alla stazione di Maokong, si possono visitare diverse Case da tè, come Meijia Tea Garden, produttori dal 1895 con due ettari di piantagione che offrono esperienze legate alla lavorazione del tè, degustazione, un pranzo tradizionale con vista panoramica sulla capitale e uno spaccio. A Taiwan la cerimonia del tè ha caratteristiche meno rigide di quella giapponese, ma rimane un caposaldo della cultura e della quotidianità. Si pasteggia con il tè servito in piccole tazze e le case da tè della capitale sono locali molto raffinati. La scelta vanta alcuni tra i migliori tè al mondo. In particolare l’oolong, tè semifermentato, con il lishan oolong coltivato nei pressi della città omonima; il dongding oolong prodotto nel cuore dell’isola, il pregiato Oriental Beauty e il tè di alta montagna di Alishan.
Tra i vapori termali
Più di 100 sorgenti termali sgorgano sull’isola di Taiwan e anche la capitale ha i suoi bagni fumanti. Nel 1896 Hirado Gengo di Osaka aprì il primo albergo termale a Beitou, quartiere montuoso a nord di Taipei, inaugurando un’offerta turistica che oggi conta su numerosi alberghi e spa. Il nome deriva da Patauw, “casa delle streghe” nella lingua dei Ketagalan, indigeni taiwanesi e, in effetti, la Thermal valley è ricca di vapori che si insinuano tra alberi e giardini, disegnando scenografie molto d’effetto con un grande antico cratere che sembra un lago di giada, dove l’acqua termale ricca di zolfo sgorga a oltre 90 gradi.
In cima al parco che ombreggia il sulfureo e fumante torrente Beitou, il Museo delle Sorgenti, edificio del 1913 che ospitava le terme pubbliche, racconta la storia del luogo e conserva l’antico bagno pubblico giapponese, un tempo il più grande dell’est asiatico.
Fascino d’Oriente, il festival delle Lanterne
Ordine, disciplina e stravaganza. L’Asia vive di interessanti contrasti e Taiwan non fa eccezione. Alla disciplina e al rigore fa da contraltare la passione per i manga, per Hello Kitty, per i pupazzi in genere. Così, anche le celebri lanterne cinesi in carta di riso vengono reinterpretate con fogge da fumetto, ma con caratteristiche molto tecnologiche, con il Coniglio, segno zodiacale dell’anno, che ha dominato l’edizione del Festival delle Lanterne 2023 tenutosi a Taipei.
Una manifestazione molto suggestiva e sentita, con centinaia di istallazioni luminose in città, messaggere di buon auspicio e speranza che si tiene dal 1990 alla fine delle celebrazioni per il Capodanno cinese.
Il cuore coloniale di Tainan
Nel 2024 sarà Tainan a ospitare il Festival delle Lanterne. Un omaggio a questa tranquilla città a circa 330 km a sud-ovest di Taipei, ricca di tradizione, che fu capitale dal 1683 al 1887 durante il dominio della dinastia Qing e che conserva testimonianze coloniali del suo passato come il Fort Provintia, eretto dagli olandesi nel 1653, e poi ribattezzato Torre Chihkan (torre dalla cima rossa).
Anche a Tainan i parchi creativi sono fucine di creatività. Il Blueprint Culturale and Creative Park (BCP) nel West Central District, oggi colorato di murales, negozietti e piccoli atelier di artisti e artigiani, è stato realizzato negli edifici che ospitavano il dormitorio degli impiegati della Corte di Giustizia durante la dominazione giapponese (1895 -1945).
I colori del passato splendono all’interno del Gran Matsu Temple, tempio Datianhou, trionfo di rosso, giallo e oro, con la dea del mare ritratta nella sua placida statua d’oro sull’altare principale, i suoi spaventevoli guardiani ai fianchi e le colonne a forma di drago, rari originali Ming.
I colori del presente sono quelli che bambini e artisti hanno utilizzato per dipingere centinaia di lanterne di riso che ricoprono il cielo davanti al Puji Temple, mentre il vento stuzzica i piccoli cartigli appesi con i desideri, le speranze e le preghiere.
Anche Shennong Street racconta la storia di una Cina antica, luogo di commercio durante la dinastia Qing quando qui scorrevano canali. Oggi è un punto di passeggio tra piccole botteghe colorate e locali caratteristici. La tradizione continua a tavola in locali come la taverna Chu Hsin Ju e il ristorante Du Hsiao Yueh, fondato nel 1895, dove i noodles taiwanesi tradizionali fatti a mano hanno oltre 100 anni di storia (ma è consigliata anche l’omelette con le ostriche).
A ovest di Tainan nel distretto di Anping, sembra uscita da un libro di fiabe la Anping Tree House, ex magazzino ottocentesco della britannica Tait & Co e poi della Japan Salt Company, oggi completamente fagocitato da tentacolari radici aeree e rami di baniano. Accanto si può visitare la casa mercantile Tait & Co. costruita in stile coloniale, con un museo che descrive l’attività della Tait & Co, dedita nell’800 al commercio di tè, canfora, zucchero e oppio.
Il fil rouge coloniale prosegue al vicino Fort Zeelandia, edificato dagli olandesi su una striscia di sabbia sulla costa nel 1624, oggi congiunta alla terraferma. Fu il primo insediamento degli olandesi che dominarono l’isola dal 1624 fino al 1662, quando furono sconfitti da Zheng Chenggong conosciuto come Koxinga, capo militare della dinastia Ming meridionale, che dopo nove mesi di assedio conquistò l’isola per conto della corona imperiale cinese. Attorno al forte una folla colorata brulica tra le bancarelle e lo street food di Yanping street, in cerca di elettronica, pupazzi e specialità locali.Il presente libero di Taiwan, una vivace unione di tradizione e innovazione.
Info: Taiwan Tourism Bureau eng.taiwan.net.tw/
Elena Pizzetti
@epizzet