Quando vuole rilassarsi la chef Martina Caruso scende alla spiaggia dello Scario. Una piccola baia con grandi ciottoli grigi, materassoni gonfiabili in affitto, per prendere il sole comodamente sdraiati, e una acqua cristallina dalle sfumature turchesi, dove tuffarsi è un dovere. E’ proprio quello che fa Martina, una nuotata e poi un piatto di gustose bruschette eoliane alla crema di capperi, nel bar di pochi tavoli, addossato alla parete di roccia, tutto intorno la macchia mediterranea. Poi torna al suo ristorante, nell’hotel Signum di Salina, distante solo qualche minuto a piedi, su per la scalinata che corre per un tratto lungo la linea di costa dell’isola.

Se c’è qualcuno che sta portando il nome di Salina nel mondo, è proprio lei: giovane chef di talento, a 28 anni, con una stella Michelin è diventata in pochi anni la migliore ambasciatrice dell’isola verde e oro, come da sempre è conosciuto questo angolo delle Eolie. Abbastanza lontana dalla Sicilia per non essere di passaggio, Salina ha i suoi estimatori e amanti, tra loro anche Massimo Troisi che qui girò il suo ultimo film, Il Postino, rendendo immortale la baia di Pollara, un semicerchio scolpito nella pietra chiara, a picco sul mare, risplendente di infinite sfumature di blu e verde e perfetta al tramonto. Tra i frequentatori di Salina anche i reali del Belgio che hanno finanziato il restauro della Chiesa di Santa Marina.

La Salina ritrovata
Ma Salina è rimasta fedele a se stessa. Orgogliosa, resiste alle lusinghe della fama e del turismo. Lo stesso carattere di Martina, che nonostante sia ormai nota e richiesta, continua con semplicità il suo lavoro e racconta la passione per la sua terra e i suoi ingredienti, quasi con timidezza, seduta sulla terrazza del bell’hotel di famiglia a Malfa: 4 antiche case trasformate in 30 curate stanze e suite, e una spa, gestite con attenzione dal fratello Luca, ottimo padrone di casa, alla guida di un team accogliente e professionale. “Non lascio quest’isola, posso girare il mondo, esserne ispirata ma sono legata alla mia terra e ai suoi prodotti che cerco di rispettare ed esaltare al meglio”. E il suo menù degustazione tutto nuovo ne è la dimostrazione: un vero viaggio alla scoperta di questa parte di Sicilia, come nel suo Gambero rosso di Salina con panna acida e caviale di lumaca o nella deliziosa Triglia cotta al vapore, riempita con patè di fegato della triglia e servita con un ristretto di triglia e crostacei. A dare croccantezza le squame fritte del pesce e la salvia, appena poggiate sopra. Accanto ci sono gli asparagi di mare o salicornia. Reinterpreta le sicilianissime sarde a beccafico, il suo Sgombro marinato con pomodoro, uvetta, pane canditi e spuma ai pinoli. Tutto il pesce è locale e quasi tutta la verdura, se non addirittura dall’orto della proprietà. Si può dire che ormai è il mondo a venire a trovarla. E’ successo solo poche settimane fa quando proprio Salina è stata al centro della scena gastronomica, protagonista della edizione estiva di Care’s The Etichal Chef Days l’evento dedicato al cibo sostenibile, tra show cooking e dibattiti, promosso dallo chef altoatesino Norbert Niederkofler, del ristorante St. Hubertus all’Hotel Rosa Alpina, tre stelle Michelin. Per la prima volta la manifestazione è sbarcata dall’altra parte d’Italia: “Sono stati giorni molto intensi, divertenti e per noi molto importanti, direi per tutte le Eolie, si è creata una bella squadra di lavoro qui sull’isola e una maggiore unità che sono certa continuerà nel futuro”, ha raccontato Martina, il cui Signum era una delle sedi degli eventi (vedi qui il racconto). Proprio lo scorso inverno durante l’edizione invernale in Alta Badia, Martina aveva vinto uno stage a Lima al ristorante Malabar con lo chef Pedro Miguel Schiaffino. Da quella esperienza ha tratto ispirazione per uno dei piatti ora in menù. Una incursione originale e ben ideata. Da questo nasce il suo Dentice crudo e cotto, inserito nel menù degustazione: al dentice cotto al forno con bieta croccante si affianca un involtino di dentice crudo con un ripieno di quinoa fresca, servito con un piccante leche de tigre. Al posto del coriandolo c’è il finocchietto selvatico che cresce ovunque sull’isola e il peperoncino per il leche de tigre è uno di quelli che ha portato dal Perù la chef e che ora coltiva nel suo orto. Ingrediente lontano ma ormai a km zero.

La stagione dei capperi in fiore

Gli abitanti di Salina le chiamano con affetto “le nostre orchidee”. I fiori di capperi con i petali bianchi e i lunghi pistilli violetti, sono una splendida macchia di colore in questa stagione a Salina. Da maggio, inizia la raccolta che dura tutta l’estate ed è ancora fatta a mano. Di tutte le Eolie il cappero di Salina è il più pregiato e allora vale la pena andarlo a scoprire da chi da generazioni lo produce e lo lavora. Appena fuori il bel centro di Malfa, Maurizia De Lorenzo con l’azienda Sapori Eoliani cura con attenzione la lavorazione dei suoi capperi. Non solo nella classica versione sotto sale. E’ stato suo figlio Roberto, a sperimentare un uso dolce di questo piccolo tesoro e a creare una composta di capperi e malvasia, assolutamente perfetta da abbinare ai formaggi. Lo scorso Natale è stato realizzato persino un panettone con i capperi canditi dell’azienda. Ai visitatori spiega come avviene tutta la lavorazione, mostra una vera prelibatezza il cucuncio, che è poi il frutto vero e proprio della pianta di cappero, lasciato crescere sulla pianta. Una bella idea per lo shopping di prodotti locali è anche acquistare il suo speziato Antipasto Eoliano.

Un giro in motorino

L’isola si gira benissimo in motorino e le distanze sono minime (per affittarlo sono circa 20 euro al giorno). Per raggiungere l’altro lato, quello di Rinella, con la sua spiaggia di sabbia nera, basta appena mezz’ora. Per arrivarci si passa in mezzo alle due montagne dell’isola il Monte Fossa delle Felci, che con i suoi 962 metri è il punto più alto dell’arcipelago e il Monte dei Porri (860 m), sono i resti dell’antico vulcano che ha dato origine all’isola. Ora la zona è Riserva Naturale e meta di tanti appassionati del trekking. Sulla strada, tappa obbligata è il
Santuario della Madonna del Terzito, circondato da bassi bagli e da filari di Malvasia. La Malvasia è onnipresente sull’isola, una sorta di dolce compagnia di cui non si può fare a meno, anche a tavola. Sono una quindicina i produttori sull’isola. Tra di loro Francesco Fenech, è tra i più storici ( l’azienda è sempre a Malfa): ben 3 generazioni di produzione in famiglia e una personalità piuttosto forte. Si capisce subito quando si varca la soglia della sua azienda: fa tutto lui, a modo suo, come un artigiano d’altri tempi. Ma i risultati sono sotto gli occhi di tutti e i premi e i riconoscimenti (anche per la certificazione biologica) non mancano mai. La sua Malvasia non è solo dolce, come è più conosciuta, ma è vinificata anche a secco. Ottima e da provare.  Ha un negozio dove si possono acquistare le bottiglie e organizzare eventuali spedizioni. Prima di ripartire, se la stagione non le rende affollatissime, è d’obbligo un giro tra i negozi di Malfa e Santa Marina, dove partono e arrivano i traghetti. A Malfa il laboratorio di ceramiche artistiche Elsalina realizza bellissimi piatti  di ceramica con il motivo dei fiori di cappero e le classiche geometrie blu e bianche. Un bel saluto all’isola.

Alessandra Gesuelli @alegesuelli

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