Gabbani, la scimmia nuda e il karma di Pirsig
Tra i tanti meriti che vanno ascritti alla canzone che ha vinto l’ultimo festival di Sanremo (Occidentali’s Karma di Francesco Gabbani) c’è anche quello di aver riportato in libreria un libro simpatico, intelligente e gustoso come La scimmia nuda dell’etologo di fama mondiale Desmond Morris. D’altronde di riferimenti nel testo della canzone ce ne sono tanti, per condire al meglio il gioco dei rimandi e delle allusioni che il pubblico e i giornali si sono divertiti a condurre. Ai più però è sfuggito un rimando a mio avviso altrettanto importante. Il karma di cui abbonda il ritornello della canzone di Gabbani è in fondo lo stesso che popola i romanzi di Robert Pirsig. Che poi sono soltanto due. Però fondamentali. A partire proprio da Lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta, uscito nel 1974 e impostosi fin da subito come pietra miliare della controcultura degli anni Settanta, sia in America che qui da noi. Di certo il volume di Pirsig, portato da noi in Italia da Adelphi, può entrare a buon diritto in questo blog essendo un long seller oltre che uno di quei romanzi che rappresentano al meglio la letteratura americana del ventesimo secolo. Un libro insomma che non ha bisogno della pubblicità indiretta di una canzone, in questi giorni sulla bocca di tutti. In qualsiasi libreria potete trovarne una copia. Meno facile (ma non impossibile), invece, è la ricerca di Lila, il secondo romanzo di Pirsig uscito nel 1991 (sempre per Adelphi). Una sorta di sequel, visto che qui si ritrova il protagonista della prima avventura in motocicletta. Fedro ha superato la sua follia. O meglio la crisi più acuta. Ora si ritrova, quindici anni dopo, su una barca a vela lungo l’Hudson intento a raggiungere l’Atlantico. Durante il suo vagabondaggio incontra Lila. In lei ritrova quella pazzia ma anche la “Qualità”. L’archetipo stesso, cioè, cui cerca di dare una costruzione concettuale. Come il precedente anche questo libro non è soltanto un romanzo. Vuole essere una sorta di racconto-filosofico che sfrutta la digressione come metodo per parlare del rapporto tra metafisica e scienze sociali, per parlare di antropologia e filosofie orientali. Qui appunto si incontra più volte il karma, che per Pirsig è senza dubbio la parola più difficile da tradurre dal sanscrito. Alla fine sceglie come (inadeguato) corrispettivo “scorie evolutive”, cioè il dolore e “la sofferenza che deriva dal rimanere attaccati agli schemi statici del mondo”. E la follia altro non è che un modo, forse il più diretto, di lottare contro la staticità della legge sociale. Che di per sé impone la fermezza normativa. Il romanzo di Pirsig insomma finisce per essere una sorta di omaggio alla follia attraverso la figura molto romantica di Lila (se non fosse per la sua avvenenza verrebbe da pensare a lei come a una rediviva Alda Merini). “Che la follia sia un’assenza di caratteristiche collettive – si trova a pensare Fedro alla fine del romanzo quando ormai Lila è stata portata via verso un recupero piuttosto tradizionale, fatto di cure psichiatriche e rimozioni – è dimostrato dal funzionamento del test di Rorschach per la diagnosi della schizofrenia. La persona che dice la bugia più complicata ottiene il punteggio più alto in normalità. La normalità non è la verità. La normalità è conformità alle aspettative collettive”. E le stesse aspettative poi regolano anche l’apprezzamento che mostriamo per le canzoni, come quella di Gabbani. Se sono nuove e innovative ci piacciono sul momento. Magari le facciamo diventare anche dei tormentoni per qualche mese. Poi, però, basta. La stagione è breve. Sopravvivono soltanto quelle che mostrano una “qualità statica”. Gabbani ora dovrà aspettare per vedere se la sua Occidentali’s Karma supererà la prova della stagione. Fedro/Pirsig, invece, una volta portata la sua barca in Florida dovrà sciogliere in un nuovo racconto i dubbi circa la Qualità statica. Insomma, dopo averci raccontato lo zen, e il fascino della follia, dovrebbe declinare con la sua filosofica fabulazione i canoni della bellezza.