Sommersi e salvati, l’eterno dubbio di chi stila classifiche
Sui social è la moda del momento. Le classifiche stanno invadendo ogni spazio di dibattito e confronto. I primi dieci film, i primi dieci dischi, i primi dieci attori…. e soprattutto – per quel che ci riguarda – i primi dieci libri. Ma non solo. C’è chi restringe il campo: i primi dieci romanzi. E giù giù fino ai primi dieci romanzi italiani dal ‘45 a oggi. Mi sono imbattuto pochi giorni fa nel risultato di un gioco di società consumato tra scrittori affermati e addetti ai lavori. Riuniti di fronte a un tavolo per una cena tra amici, si sono divertiti a tirar giù l’elenco dei titoli più amati e soprattutto considerati più importanti. Leonardo Colombati (del quale è appena uscito per Mondadori l’ultimo romanzo Estate), ha fatto di più che sgranare il suo rosario novecentesco davanti agli amici. Ha pubblicato un post con tanto di foto di gruppo per le copertine della sua personale top ten. E da lì è seguito il prevedibile dibattito. Perché non ci si sottrae mai quando sono in gioco i propri gusti. Più facile dire: “ecco la mia lista” piuttosto che articolare un dibattito storico-letterario su canoni e poetiche. E comunque è sempre in agguato chi nota l’imperdonabile assenza del Maestro, oppure chi subdolamente fa notare che ci sono “minori” che meriterebbero almeno di comparire al fondo dell’elenco. Renzo Paris, per esempio, ha mostrato tutta la sua indignazione per le assenze di Pasolini e di Moravia. Aggiungendo che non ci possono essere classifiche sui dieci romanzi del secondo Novecento che non contengano questi autori. Inutile qui, dar conto di tutti i commenti e le prese di posizione. Ognuno ha la sua lista. Semmai è utile capire il perché di questi elenchi. Certo, Colombati ha detto che si tratta di un gioco di società, niente di serio. Purtuttavia la sua lista è stata pubblicata e proprio quella lista ha scatenato dibattito e polemiche. Quindi, tanto vale capire quale sia il motivo di tanto entusiasmo o almeno di tanto calore. A mio avviso l’autorità del proponente fa la differenza. Se è un addetto ai lavori a sciorinare la sua lista, è la sua stessa auctoritas a fornire valore all’elenco. Se al suo interno, poi, troviamo titoli di autori “minori”, questi entreranno per un attimo nel cerchio di luce dell’occhio di bue. E porteranno tutti a fare i conti con romanzi “inaspettati” o almeno dimenticati. Prendiamo, per esempio, l’elenco di Colombati. Oltre ai prevedibili Gadda (La cognizione del dolore), Calvino (Il barone rampante), Tomasi di Lampedusa (Il Gattopardo) e Primo Levi (La tregua), compaiono anche Mario Soldati (Lo smeraldo) e Mario Pomilio (Il quinto evangelio). Ora dovrò andare a cercarli, avendo letto dei due scrittori altri titoli più conosciuti. L’auctoritas in questo caso fa la differenza. Mi incuriosisce il fatto che su tanti romanzi siano proprio questi a entrare per Colombati nella cerchia ristretta dei capolavori. A dispetto ad esempio di Moravia, Testori, Manganelli Cassola, ecc…. Questo è l’unico motivo per cui seguo con attenzione queste classifiche. Badando poco a tutti quelli che lamentano “assenze importanti”. Perché se è vero che questi elenchi dicono molto di noi e poco del canone è pure vero che i ripescaggi dei minori restano una delle pagine più elettrizzanti della nostra storia letteraria collettiva. Perché siamo tutti d’accordo su Gadda e Tomasi di Lampedusa, meno sul fatto di sacrificare Moravia per il Soldati dello Smeraldo.
Ps
Non vorrei dare l’idea di essere così basso profilo da non pubblicare il mio “elenco” (romanzi italiani usciti dopo il 1945).
Eccolo qui: La cognizione del dolore (Gadda), Il Gattopardo (Tomasi di Lampedusa), La tregua (Primo Levi), La vita agra (Bianciardi), La giornata di uno scrutatore (Calvino), Horcynus Orca (D’Arrigo), Il partigiano Johnny (Fenoglio), El especialista de Barcelona (Busi), Crampi (Lodoli), Memoriale (Volponi)