E’ uno dei film del momento. Il primo re di Matteo Rovere sta mettendo d’accordo pubblico e critica. Pur essendo un’operazione ambiziosa (gli attori recitano in latino arcaico)  ha ricevuto un consenso generalizzato. Tanti ragazzi stanno affollando le sale che proiettano la storia del primo re di Roma, la storia insomma della fondazione di quella che diverrà  prima la capitale dell’Impero romano e poi l’ombelico del mondo cristiano.  Personalmente non condivido la scelta (filologica) di adottare il latino arcaico. La storia sarebbe stata godibile altrettanto con l’italiano. Forse, questo scelta aiuta i giovani spettatori a ricostruire nel loro immaginario una ambientazione il più verosimile possibile. Se poi tra loro (tra questi ragazzi che immagino adolescenti curiosi e intelligenti) ci fosse qualcuno che vuole approfondire l’argomento consiglierei di prendere in mano un libro che sta vivendo una seconda giovinezza grazie alle amorevoli cure della Rizzoli che ne ha appena mandato in libreria una bella edizione.  Mi riferisco alla Storia di Roma  di Indro Montanelli.  Il fondatore del nostro giornale non ha bisogno di presentazioni. E nemmeno la sua grande opera di divulgazione storica. Qui ci limitiamo a ricordare alcune cose. Innanzitutto che è sempre un piacere leggere la sua prosa così sciolta e scorrevole, così sapida e puntuta. Tipica di un toscanaccio che non ha peli sulla lingua e soprattutto non ha complessi di inferiorità. Nemmeno con gli storici di professione. Già, perché questa non è opera di storico (come hanno sempre ricordato tutti coloro che si mangiavano il fegato nell’invidia che provavano per le sue capacità di sintesi e per la sua vasta cultura). In ogni pagina c’è il giornalista curioso e attento che si confronta con i personaggi storici e con le loro umane debolezze. La penna di Montanelli scorre rapida attraverso i secoli. Ci racconta di uomini, soprattutto di uomini, e del loro tempo. Dei rivolgimenti politici e culturali che questi uomini hanno vissuto o subito. E ci regala perle preziose della sua intelligenza e del suo sarcasmo. Dalla prima all’ultima pagina, poi, il confronto tra ieri e oggi è impietoso, soprattutto per i romani di oggi. Parlando del mistero della scomparsa della civiltà etrusca (e della “ostinata ferocia” con cui i romani ne hanno cancelllato le tracce) osserva: “All’opposto dei romani di oggi che fanno tutto per scherzo, quelli dell’antichità facevano tutto sul serio”.  Il cui senso si ritrova poi nella chiusa del libro: “Forse uno dei guai dell’Italia è proprio questo: di avere per capitale una città sproporzionata, come nome e passato, alla modestia del popolo che, quando grida Forza Roma!, allude soltanto a una squadra di calcio”.  Questo è il Montanelli più corrosivo. Al cui fianco per fortuna dei lettori di oggi (anche dei romanisti, nel senso di supporter della “Maggica”) ci sono gli illuminanti ritratti dei protagonisti. Cesare, Cicerone, Diocleziano, Vespasiano, Marc’Aurelio…. la sua penna non risparmia nessuno. Per darne un saggio scegliamo il breve ritratto dedicato a Orazio. “Era figlio di un agente delle tasse pugliese, che voleva fare di quel rampollo un avvocato e uomo politico e, a prezzo di chissà quali sacrifici, lo mandò a studiare prima a Roma, poi a Atene. Qui Orazio conobbe Bruto, il quale si preparava alla battaglia di Filippi, prese in simpatia quel giovanotto e lo nominò su due piedi comandante di una legione, il che ci aiuta a comprendere come mai il suo esercito fu battuto. Orazio, nel bel mezzo dello scontro, buttò via elmo e scudo, e tornò a Atene per scrivervi una poesia su come sia dolce e nobile morire per la patria”. Un ritratto che mostra come prima ancora di uno storico i giovani lettori di oggi abbiano bisogno di scrittori  come Montanelli che sappiano  coinvolgerli con ritratti “alla mano” e vedute di insieme  al fulmicotone.

 

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