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Sarà anche che l’erba del vicino sembra sempre più verde, ma forse a volte lo è. Sabato scorso In Francia, a Lievin, un paio di ore di auto sopra Parigi, si è disputata la ETU Triathlon Cup . Era la prima edizione indoor di una tappa di Coppa Europa e tutto si svolgeva in un fantastico Palasport dove, esattamente nel centro, era stata montana un piscina a sei corsie. La presentazione degli atleti avveniva come alle olimpiadi e cioè facendoli uscire da un tunnel con tanto di annuncio del nome al microfono per poi farli salire a bordo vasca da una pedana che dall’altro lato portava alle zone cambio. Si correva in pista in  bici e poi a piedi con un intelligente sistema di scambi che portava ad ogni giro gli atleti a salire di una corsia in modo da evitare il caos dei doppiaggi. Fin qui l’organizzazione tecnica. Poi però c’era il resto. Cera la “grandeur transalpina” portata in una gara di triathlon che diventa così un evento spettacolare oltre ogni immaginazione e che riempie gli spalti di migliaia di persone. C’erano i campioni, i ragazzi, i bambini, c’era la tv francese che seguiva in diretta con tanto di commento di un grande del ciclismo come Laurent Jalabert,  c’era la magia di una gara in notturna dove tra giochi di luci e musica lo spettacolo si mescolava alle coreografie e alle acrobazie di un gruppo di artisti. Tutto insieme. Tutto in un contenitore che traduceva in un colpo d’occhio perfetto il vero senso di cosa deve essere una gara internazionale. E di quali potenzialità di promozione possa avere per il triathlon ( ma anche di qualsiasi altro sport proposto così). E qui sta il punto. Da noi alcuni organizzatori lo hanno capito e si muovono in questa direzione. Altri non ancora.  Si pensa che per promuovere una gara basti arruolare una madrina famosa, un cuoco di masterchef, una vecchia gloria o giù di lì. Invece il segreto forse è un altro. E’ negli occhi dei ragazzi che un allenatore che guarda avanti ha avuto la buona idea di portare là. Occhi che brillano, che ti raccontano di una giornata speciale e di una gara che non dimenticheranno, di quelle dove vale la pena di dire “io c’ero”. Il resto non conta: ca va sans dire…