cicloPoeti, santi, navigatori ed ora tutti ciclisti. Tutti in bici, Sarà l’estate, sarà l’effetto coronavirus, saranno gli incentivi governativi , sarà che andar in bici fa star bene ed è divertente ma pare proprio che questo sarà l’anno delle due ruote. Italiani tutti ciclisti quindi. Tutti rider, campioni, tutti pronti per andare in bici in vacanza, tutti esperti dopo due colpi di pedale. Tutti influencer di un nuovo mondo (e di uno sport) in cui si dovrebbe entrare con un po’ di riverenza, studiandone storia, eroi, buone regole e un po’ di tecnica per non rischiare di restare a piedi alla prima foratura o di disamorarsi  dopo qualche mese quando ci si rende conto che c’è un prezzo da pagare alla fatica. Perchè, come diceva Alfredo Binda ( chi tra i nuovi non sa chi sia si informi) per pedalare “ghe voeren i garun…”. Comunque ben venga questa nuova stagione ciclistica.  Che ci sia un booom di vendita non lo dicono solo i numeri. Basta entrare nel negozio di un ciclista, grande o piccolo che sia , per trovare la coda, per vedere  gli scaffali desolatamente vuoti, per sentirsi rispondere che per acquistare una bici oggi bisogna avere un po’ di pazienza.  Insomma segnali buoni che, almeno in questo settore, segnano un ripresa forte.  Non solo. Un Paese che pedala si muove di più e quindi costa meno alla sanità nazionale anche se poi i conti si faranno dopo l’autunno quando freddo, piogge e neve faranno tornare sui loro passi molti nuovi arrivati. Ma il boom ciclistico del BelPaese non è tutto rose e fiori. Come capita sempre nelle fasi di un innamoramento, l’entusiasmo fa passare in secondo piano qualche “problemino”. Chi pedala in città, ad esempio, si rende perfettamente conto che tra mobilità dolce ed altre mobilità siamo lontanissimi da un’integrazione decente. Troppo spesso le scelte politiche ed urbanistiche seguono più l’ideologia che il buonsenso il che comporta un prezzo altissimo da pagare in termini di sicurezza nella realizzazione di ciclabili e  infrastrutture.  E’ sempre muro contro muro, tra chi crede che la bici ( e i monopattini) siano la soluzione di tutti i mali e pensa che solo pedalando si “possa salvare il mondo”  e chi invece in auto pretende di poter andare anche in bagno. Servono tutte le mobilità e vanno integrate. La mobilità non è una guerra, non è un tutti contro tutti con insulti, minacce,  risse e dispetti. La mobilità è un piano organico che deve avere come obbiettivo quello di rendere le città più vivibili.  C’è una mobilità dolce che deve essere sviluppata in armonia e che deve rispettare le regole, c’è una mobilità pubblica che deve essere potenziata e diventare più efficiente e c’è una mobilità privata a motore che deve fare un esame di coscienza. È davvero così necessario accompagnare tutte le mattine i figli scuola in auto? È davvero così indispensabile andare a far compere e posteggiare in seconda fila? Non si può fare a meno di usare l’auto la sera per andare a bere una birra sui Navigli? Ma deve essere ripensato anche il lavoro che. dopo il lockdown, è tutto un via vai di furgoni e furgoncini. È davvero così indispensabile che le merci vengano consegnate più o meno negli stessi orari in cui aprono scuole e uffici? Ed è davvero necessario che ogni ditta, porti le proprie merci a destinazione? Non si potrebbero, ad esempio, consegnare magari di notte, magari utilizzando una centrale di smistamento fuori città che utilizzi mezzi elettrici o magari usando le metropolitane? Ipotesi o forse utopie. Però mai si comincia mai si fa.