Sui social network come in un carcere (ideale)
Come ebbe a scrivere di lui una volta Franco Cordelli, Tommaso Pincio si crogiola in una “autofinzione di cui non rimane che il dubbio su ciò che sia finzione”. Cordelli si riferiva alla prima produzione di Pincio, compresa tra M. (Cronopio,1999), Lo spazio sfinito (Minimumfax, 2000) e Un amore dell’altro mondo (Einaudi, 2002). Testi caratterizzati da un uso massiccio dell’autofiction e da quella poetica, non più minoritaria, che vuole i personaggi realmente esistiti divenire protagonisti di romanzi di finzione pura (Lo spazio sfinito ne è un folgorante esempio, come pure il romanzo successivo dedicato e ispirato al personaggio di Kurt Cobain). E in questi romanzi Cordelli nota un umorismo che “corre sotto il puro racconto, che si nasconde, e che costantemente riemerge a svelare la propria sfiducia o, quanto meno il sospetto, che proprio l’arte sia la più raffinata delle menzogne”. Tesi che puntualmente si può confermare per l’ultimo lavoro di Pincio, Panorama (Enne Enne Editore, 200 pp, 13 euro) da poche settimane in libreria.
E’ la storia di Ottavio Tondi, di professione lettore. Ma non uno qualsiasi. Bensì il migliore. Quello per il quale si organizzano addirittura eventi. La gente arriva al punto di pagare un biglietto per vederlo leggere (in silenzio) comodamente adagiato sul suo sofà, sistemato sul palcoscenico di un teatro. Tondi è diventato tale semplicemente perché ha dato prova di un fiuto sensazionale, individuando tra gli altri anche uno dei best-seller più lucrosi degli ultimi decenni. Questo fatto gli apre tutte le porte del mondo editoriale. Ma l’autore del best-seller in questione rimane oscuro, celato com’è in un nom de plume che nessuno riesce a decifrare. E il mondo editoriale, si sa è pettegolo e “incestuoso”; ed è questo enigma che allarga ancora di più la fama di Tondi, così come quella di Pincio stesso chiamato in causa nel libro come “presunto” autore del romanzo in questione (benevolo richiamo a quanto accaduto ultimamente con il caso di Elena Ferrante candidata al Premio Strega).
Ovviamente il nome dell’autore non è l’unico a comparire in questo felice esempio di autofiction. Alcuni nomi sono di persone realmente esistenti e amiche e sodali di Pincio (Giuseppe Genna, Andrea Cortellessa, Antonio Gnoli, Teresa Ciabatti), altre sono persone reali ma indicate con un nome di fantasia per non suscitarne il rancore (Loretta Buia, a esempio, che il narratore descrive in questo modo: “un personaggio sinistro la cui qualità distintiva pareva essere quella di far passare commenti vacui e sgradevoli per arguzie”) e infine ce ne sono alcune frutto di invenzione.
Lo scopo di questo mix potrebbe essere quello di riflettere con uno sguardo disincantato i tic e i vezzi del piccolo mondo letterario, in un romanzo (metaletterario) dove il protagonista passa quasi senza accorgersene da un mondo dove la letteratura è ancora un segno sociale distintivo a una società che ha rinunciato del tutto alla lettura. Senza quella violenza già raccontata da Ray Bradbury o da George Orwell. La lettura muore semplicemente per sfinimento. Per mancanza di stimoli, perché ormai sostituita da altre pratiche. Pincio è scrittore intelligente e sensibile. Non si limita a descrivere con severa ironia il piccolo mondo editoriale (“Se alla letteratura viene riconosciuta tanta importanza malgrado la sua scarsa utilità è proprio perché ciò che si dice di un uomo conta in fin dei conti più delle sue azioni”, “il mondo editoriale è una cerchia di incestuosa angustia, dove il non riconoscersi tra addetti ai lavori era fantascienza”), ma immagina anche un possibile sostituto. Ovviamente si tratta di un social network all’avanguardia. Non ciarliero e svagato come Facebook, né egocentrico e spudorato come Twitter o Instagram. Bensì più perverso e coercitivo. Lo chiama Panorama e lo vuole come una moderna visione del celebre Panopticon di Jeremy Bentham. Ed è in questo luogo che inizia per la prima volta a scrivere, lui che per tutta la vita è stato solo un ostinato lettore. Ed è qui che incontra la sua donna ideale. Una donna di cui si innamora anche soltanto osservandone dei dettagli nelle immagini rilanciate da Panorama (“dove tutti vogliono vedere tutto proprio perché si ha sempre qualcosa da nascondere”).
Lasciamo ovviamente ai lettori scoprire come va a finire e perché la storia d’amore si intreccia a quella del lento declino della lettura. Qui interessa soltanto sottolineare che in questo ottimo romanzo si offre non soltanto una lucida visione del mondo di oggi (osservato dalla prospettiva di chi vive scrivendo e leggendo) ma anche un affresco di forte impatto su quanto i social network riescano a modificare delle nostre percezioni, delle nostre esperienze e su quanto gli stessi riescano a condizionare la nostra psicologia (la scelta di associare Panorama al carcere ideale progettato da Bentham ne è una prova, visto che in quel singolare edificio i prigionieri vivono nella consapevolezza che il guardiano li possa osservare in qualunque momento, ignorando però se e quando questi lo faccia davvero. E finiscono quindi per vivere nella pura incertezza diventando così guardiani di se stessi).