Calvino utile antidoto al ddl Fiano
Rileggendo Il visconte dimezzato, primo capitolo della trilogia degli Antenati di Italo Calvino mi è venuto da pensare al ddl firmato da Emanuele Fiano, quello che ha già ottenuto il voto favorevole della Camera dei deputati e che si appresta a chiedere anche al senato il permesso di punire penalmente come reato di apologia del fascismo anche manifestazioni di puro folklore come i memorabilia del Ventennio (tralasciando l’idea che verrebbe meno, una volta trasformato questo ddl in legge, la garanzia costituzionale della libertà di opinione). Mentre rileggevo, insomma, e con inaspettato gusto, quella che ormai è confinata nell’angusto limbo delle letture scolastiche, mi è venuto spontaneo cercare di immaginare cosa avrebbe detto Calvino di questo disegno di legge. Il romanzo (pubblicato, come tutti gli altri di Calvino, da Mondadori) racconta il ritorno dalla guerra contro i Turchi di Medardo di Terralba, nobile piemontese cui il disegno molto letterario e fantasioso immaginato da Calvino ha regalato un destino assurdo. Una palla di cannone lo ha diviso letteralmente a metà. Ed è la parte destra a tornare dalla guerra. Mezza faccia, mezzo torace. Una sola gamba e un solo braccio. E’ la parte destra ad essere salva. E questa parte si rivela, col tempo, tutt’altro che placida e sensibile. Medardo diventa uno spietato giustiziere, un padrone egoista e insensibile. Fino al punto di divenire l’incubo di tutto le contrade che circondano il suo castello avito. All’improvviso, però, un’umile pastorella fa una scoperta sconcertante. Anche la parte sinistra è tornata dalla guerra. Più tardi e senza clamori. E si nasconde agli occhi dei più per fare umilmente del bene. E’ facile intuire dove voglio arrivare. Questo conte philosophique finisce per essere una disputa tra il bene e il male; tra la sinistra, buona e servizievole, e la destra, egoista e violenta. Alla fine Calvino trova una soluzione alla disputa (su cui sorvoliamo per evitare lo spoiling tanto deprecato oggigiorno).
Non dimentichiamoci che la guerra è finita soltanto da sei anni quando Calvino scrive questo romanzo breve (1951). Forse ora, ora che Fiano ha centrato il suo primo obiettivo a Montecitorio riportando per paradosso di stretta attualità il confronto aspro tra destra e sinistra, tra i nostalgici identitari di entrambi i campi, ci sarebbe bisogno di un altro conte philosophique di Calvino. Per esorcizzare con una bella fiaba moderna e per adulti tutte le paure antiche, già superate dalla Storia.
Ovviamente a questo interrogativo non si può dare risposta. Per fortuna resta il testo. Una piacevole lettura ancor oggi, questo Visconte dimezzato. Tra echi di grandi romanzi (come non pensare a L’isola del tesoro di Stevenson che presta a Calvino addirittura uno dei personaggi della storia, il dottor Trelawney) e delle tante voci narranti che riempiono gli stessi romanzi di Calvino (il nipote di Medardo ha molto in comune con il Pin de I sentieri dei nidi di ragno).
L’ultimo appunto lo voglio dedicare agli Ugonotti e al loro tormentato rapporto con il Medardo “buono”. Forse involontariamente, Calvino profetizza l’involuzione dell’intellighentia di sinistra: proprio nell’involuzione del Medardo “buono”, bravo soltanto a predicare e a mettere gli altri a disagio e in ambasce perché non in grado di essere virtuosi come le sue prediche imporrebbero loro. Gli ugonotti che compaiono in questo romanzo sono una comunità isolata nelle campagne piemontesi dedita al lavoro e ovviamente al profitto che ottengono con la vendita dei prodotti della terra che coltivano senza sosta. Con il Medardo buono i rapporti sono idilliaci (vivi e lascia vivere) fino al giorno in cui suggerisce loro di dimezzare il profitto sulla vendita di segale in favore delle popolazioni colpite da carestia che abitano dall’altra parte della valle. Era una figura nuova quel Medardo “buono”, divenuto col tempo noioso e molesto. Una figura che oggi è fin troppo facile rintracciare nei vari maîtres à penser della sinistra che concionano su tutto e sul contrario di tutto (a patto di essere lasciati fuori dal contesto). Nel Visconte dimezzato sembra che Calvino lanci una profezia, sottile e inquietante. Ed è questo clamoroso successo (il trionfo dell’ “io l’avevo detto”) a rendere ancor oggi attualissimo questo classico del Novecento.