Non si capisce come mai, in Italia, ci siano sempre delle difficoltà anche a fare valere i propri diritti, compresi quelli alla salute e alla vita. Abbiamo ottimi scienziati, validi ricercatori (quelli che rimangono), in campo medico ci distinguiamo per avere a disposizione delle eccellenze: cosa ci manca? Il prof Francesco Romeo, presidente nazionale del Sic, la Società Italiana Cardiologia, è intervenuto per promuovere l’utilizzo di nuove tecniche, ampiamente in uso in altri paesi europei, per risolvere i problemi legati a patologie valvolari. Meno male che ci sono gli esperti che ogni tanto si riuniscono per fare il punto sulla salute del cuore. Di che tecniche stiamo parlando? In Italia sono ancora pochi i pazienti che vengono operati con tecniche mininvasive, attraverso interventi percutanei che potrebbero garantire magari altri 10 anni di vita e un rischio di mortalità praticamente nullo. In Italia, sono ancora poche le persone, colpite da patologie valvolari, che hanno avuto questa “fortuna”. Specie se il paziente ha più di 75 anni. Ecco perché il prof. Romeo denuncia questa realtà italiana, promuovendo, nel contempo, la campagna “One valve, one life”: “In Germania queste operazioni sono oltre 50mila (contro i nostri 5mila). L’utilizzo di tecniche adatte anche agli ultra 75enni può salvare molti pazienti altrimenti non operabili”. Si sa, i tagli della sanità pubblica hanno costretto le strutture a contingentare le risorse per ridurre i costi. La Sic promuove la possibilità di intervenire efficacemente su valvola aorta e mitralica per via percutanea. “Questo tipo di intervento – spiega Romeo – è ormai di routine ed è applicabile anche agli anziani. A volte il cardiochirurgo sceglie di non operare con tecniche tradizionali perché il paziente non supererebbe un intervento in cui deve essere intubato e va utilizzata la circolazione extracorporea. Ma così il malato muore in media entro sei mesi: con un intervento per via percutanea, invece, potrebbe essere salvato”. Un quadro non rassicurante.

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