Purtroppo bisogna stare sulla conaca.  Sulla strage dei sette ciclisti di Lamezia terme, su quel groviglio di ruote e telai, su quella Mercedes che è arrivata sul gruppetto come una bomba, sul quel 21enne marocchino che guidava drogato e senza patente. Sui giornali oggi c’è scritto tutto o quasi. Ci sono la cronaca, l’inchiesta, le testimonianze, le domande, i dubbi, lo sgomento per un incidente che ha fatto più morti dell’attentato in piazza della Loggia. E’ successo a Lamezia, ma sarebbe potuto succedere ovunque anche se , va detto, che al Sud fare sport è più pericoloso che in Settentrione. E parlo da “terrone” che il meridione lo conosce bene, che sulle quelle strade ci è cresciuto, ci ha corso a piedi e anche in bici. Certo, l’assassino che ha falciato quei sette poveretti, ha potuto fare ciò che ha fatto perchè ormai nel nostro Paese le regole sono sempre più spesso un’ipotesi, linee di massima che ognuno disegna a seconda delle sue necessità, dei suoi comodi e della sua cultura. Ma non voglio dicuterne qui. Qui mi preme affrontare il discorso di quanto sia rischioso oggi allenarsi in bici sulle strade. I numeri che riguardano il popolo dei ciclisti, quello che la domenica invade le strade per pedalare, allenarsi o gareggiare sono da brividi. L’anno scorso i morti sulle strade italiane sono stati 295 e i feriti 14mila 800. e La cifra è in costante aumento: impressionante. Non sto a far calcoli ma credo che sia di gran lunga più pericoloso andare in bici che non in auto. Eppure non mi sembra mai di aver visto campagne, spot, iniziative in questa direzione. Non mi sembra che le piste protette siano una priorità delle amministrazioni. Chi va in bici in una città come Milano ogni giorno rischia la pelle, ma rischia la pelle anche chi si allena su una provinciale quelunque E questo in condizioni di normalità, senza cioè contare il drogato di turno che fa un soprasso assurdo e ti viene addosso contromano. Chi corre in bici tutto questo lo sa. E per questo preferisce allenarsi in gruppo. Ci si dà appuntamento, ci si ritrova a una certa ora e si parte: più si è meglio è. E’ il principio della massa critica che è evidente, che obbliga le auto a rallentare, che in qualche modo ti protegge. Mi aveva colpito, tempo fa,  un monologo di Marco Paolini durante il collegamente di una tappa del Giro d’Italia. Raccontava le sue domeniche in bici, in gruppo, vestito con una tutina sgargiante per farsi vedere dalle macchine.  “Noi ciclisti- raccontava- ci vestiamo in così, tutti attillati e colorati, con guanti e caschi perchè siamo i nuovi super eroi che sulle strade combattono la loro battaglia quotidiana…”. E come si fa  a non dargli ragione?