“Ma come dove si corre domenica…Ti sei dimenticato di Casorate?”. L’altro giorno, mentre stavo bevendo un caffè con due miei amici in un bar del centro di Milano, ho capito dalle loro facce che non ci potevano credere.  La Stracasorate non si può dimenticare . E’ un po’ come scordarsi il Natale,  l’anniversario di nozze, il compleanno di uno dei tuoi tre figli. Peccato grave, gravissimo per un runner farsi scivolare dalla mente quella tapasciata che ormai da diciassette anni si corre puntuale la seconda domenica di Gennaio a Casorate Primo, nelle campagne pavesi. Eppure nell’era di Internet, della connessione gobale, del “basta un clic”  per raggiungere chiunque nell’angolo più remoto del mondo,  Casorate Primo chissà in quanti sanno mai dove si trovi. Da San Vito lo Capo a San Candido, tanto per restare in Italia, probablimente nessuno. Ma poco importa. La “tundra” pavese è uno dei posti migliori dove correre nella bistrattata Pianura padana. Che non sarà lo Yorkshire ma il suo fascino ce l’ha. Soprattutto d’inverno. Perchè anche la nebbia, il ghiaccio, il freddo, il fango e il silenzio quasi assoluto dell’argine di un fiume possono reagalare emozioni. La Stracasorate è esattamente ciò che dev’ essere una tapasciata. E cioè il piacere puro della corsa senza griglie, pettorali, chip, tempi, servizi d’ordine, code per ritirare le borse, metrò da prendere e macchine da parcheggiare. E la corsa così come viene, tanto per farla  e tanto per divertirsi. Con il tè fumante nei pentoloni ai ristori e con una bottiglia di Croatina all’arrivo. Sette, 14 o 21 chilometri per staccare la spina. Come dice uno di quei due miei amici con cui stavo bevendo il caffè: “La Stracasorate? E’ la New York delle tapasciate…”

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