La Vasaloppet non è la più antica gara di sci di fondo. La “Vasa” è lo sci di fondo. Quando gli amanti di questo sport parlano della “Vasa” si commuovono, gli vengono gli occhi lucidi. E’ un po’ come la Roubaix per un ciclista. Perchè chi fa sci di fondo almeno una volta nella vita deve andare fin lassù nel cuore della Svezia, mischiarsi, provarci soffrire piangere e poi alla fine gioire. Per poter dire “è fatta, io c’ero”. E raccontarlo poi ai figli quando potranno capire e ai figli dei figli. Ma un conto è dirlo, un conto è farlo. Respirare l’attesa,  viverne l’ansia e le paure, capire cosa significhi la “Vasa” per il popolo dei fondisti, goderne la fatica e gustarsi la stanchezza. Non è da tutti. Da Salen a Mora 90 chilometri a temperature da brividi  non sono una passeggiata di salute.  Trovare un pettorale è un’impresa già poche ore dopo che aprono le iscrizioni. E poi allenarsi. Difficile per i montagnini, proibitivo per chi vive in una città come Milano. Anche perchè c’è un lavoro, ci sono i figli piccoli, c’è una moglie, c’è la famiglia… Tutti “teniamo famiglia”. E così quando Giancarlo, mio compagno di corse, un giorno mi ha detto che searebbe andato a fare la “Vasa” l’ho guardato come fosse un matto. Ma solo per un secondo. Poi ho capito che chi ha il coraggio ( e la fortuna) di andare a corre una “Vasa”  a suo modo si guadagna un pezzettino di paradiso…E infatti basta leggere quello che mi ha scritto.

Da qualche anno mi sono dato “anche” allo sci di fondo per una serie di concause: la gravidanza di mia moglie le impediva ovviamente di venire a sciare, l’amore per la montagna dei suoceri mi dava la possibilità di usare la casa in Trentino dove in inverno non c’è granché da fare oltre ad ingozzarsi di cibo, sciare cominciava ad essere un costo, e dopo 2 ore di fondo si rientra a casa paghi e pronti a partecipare alla vita familiare. E dato che la Val di Fiemme è dove parte la mitica Marcialonga, mio suocero il primo anno che lo praticavo ha buttato lì l’ipotesi di fare la versione light, soli 45km. Io non mi tiro mai indietro (J). Morale ad oggi ho fatto una Marcialonga light, con gli sci con le scagliette (i fondisti sanno cosa vuol dire), e 4 versioni “normali”, da 70km, con tempi variabili fra 5ore e mezza e 6ore e 50min, in base a livello di allenamento, tipo di pista e numero di figli. Quest’anno, qualche giorno dopo averla conclusa con un decoroso 5ore 40min, Giorgio, un vicino di casa di Trento, forte fondista, ha lanciato un appello su Facebook per vendere il suo pettorale per la mitica Vasaloppet, la gara più famosa e lunga al mondo con i 90km in tecnica classica che separano Salen da Mora nella zona centrale della Svezia. Quest’anno per la Marcialonga ho cambiato allenamento. Ho comprato gli ski roll (sci corti di alluminio con due ruote in gomma che simulano la sciata a secco), e ho dedicato più tempo alla forza in palestra rispetto alle capacità aerobiche, per intenderci più pesi e meno corsa. Questo perché la discopatia protesta se corro sopra i 15km e i forti, vanno solo di braccia, sciolinando tuuutto lo sci! Già gli skiroll sono stati un primo assaggio del duro mondo dei veri fondisti. Perché non hanno freni e quando si cade sul duro asfalto metropolitano, le prime 4 volte sono cadute tutte e 4 le volte, si lasciano striscioline di sedere e gomiti da far invidia al più abile salumiere. Tutto come sempre scappando da casa e dagli impegni familiari mentre i mostri fanno il sonnellino, viva dio ancora lo fanno. Sono andato a sciare da solo, partendo dopo l’ultima fetta di torta il 25 Dicembre. Ho sciato il giorno di capodanno ai Piani Di Bobbio, ho sciato a Saint Moritz sotto la tormenta. Per un totale di circa 350km di sci e 120km circa sugli sci roll (per darvi un ordine di misura un fondista medio di gran fondo, ne percorre credo almeno 2000 prima della Marcialonga e 3000 prima della Vasa). Il mio compagno di stanza Renzo quest’anno ha fatto 10 granfondo partendo dalla Sgambeda a Livigno prima di natale per un totale, credo di almeno 5000km (chiederò a lui conferma). La Marcialonga ce l’abbiamo sotto casa, non per sminuirla, ma è un gara che ormai sento abbordabile. Certo i rischi sono sempre dietro l’angolo, testimone la rottura del lacciolo del bastoncino quest’anno, ma il percorso lo conosco, so quando e quanto posso spingere, quanto andare al risparmio e quando invece dare tutto (nel mio caso qualche briciola rimasta). La Vasa, un po’ per la distanza proibitiva, per l’incognita del percorso era un sfida nella sfida. Anche perché era la Vasa del 90esimo e, biecamente mi è costata fra iscrizione e tutto, circa 1000 euro (leggi ansia da prestazione, e io sono ansioso di mio). Inoltre la Vasa non è una cosa che si improvvisa, né per allenamento, né come organizzazione. I pettorali sono già tutti esauriti pochi minuti dopo l’apertura delle iscrizione ed è un’ esperienza logisticamente complessa, si prende l’aereo, poi pullman per quasi 5 ore e si deve andare su almeno un paio di giorni prima per provare la neve. Partendo avevamo paura di non trovarla di neve. Ne abbiamo trovata un po’ di più di quello che speravamo ma la pista causa le alte temperature non avevi binari compatti. Soprattutto nella zona delle paludi, la pista è in una zona di laghi, sembrava la neve primaverile alla quale siamo abituati quando andiamo in montagna con Pasqua tardiva. Tornando alla gara, la parte di ritiro pettorali, accoglienza, etc. assomiglia a una qualsiasi granfondo o maratona. Se non fosse che il paese di Mora, dove è situato l’arrivo è un paesino minuscolo che vive di questo e della altre 6 gare che si fanno nella settimana che precede la Vasa: mezza vasa, vasa a ritmo libero, vasa a stafetta che abbiamo  incontrato venerdì quando siamo andati a provare il percorso nella sua parte centrale, da Risberg a Evertsberg. Ma la gara si sente soprattutto il sabato quando si tratta di preparare gli sci, fare strategie, etc. Per i primi è semplice, sciolina su tutto lo sci e poi via di braccia. Per i meno forti, magari c’è l’opzione di uno sci chimico o un po’ di pelo (si gratta con la carta vetrata il ‘ponte’ dello sci per renderlo più granoloso e mordace sulla neve. Metodo particolarmente efficace sulle nevi bagnate come questo giro a me faceva paura solo pensarci, “ma non si rovina la soletta?”). Io mi sono affidato al team di skimen professionisti della Briko Maplus che mi hanno dato la parafina fluorata (sci senza carie e veloci, costo 40 euro ogni 40g) e pure la “cera” (altresì nota come la polvere magica, costo 120 euro per 20g, credo, non l’ho mai comprata e neanche ho chiesto quanto costasse perché non mi sono mai sognato di metterla). Il giorno della gara sveglia alle 3 di notte, frugale colazione a base di “Porridge” e marmellata di mirtilli rossi e poi in autobus fino alla partenza (circa 2 ore di pullman). Arrivati a Salen, con il buio, la partenza è alle 8:00, si corre a mettere gli sci nella sezione corrispondente al numero e al valore dell’atleta, nel mio caso parametrato al risultato della marcialonga, 6 gruppo. Giorgio era nel secondo e per un po’ ho sperato che Carmine riuscisse a farmi tenere il suo gruppo, che mi avrebbe fatto risparmiare 40min, visto l’ingorgo nella salita iniziale. Prima grande differenza con le altre gare è che NON si parte a gruppi ma le 15800 persone divise in 10 gruppi partono tutte insieme allo sparo di cannone, e quello e il tempo, altro che real time. Se sei un sega aspetta!  Dopo un paio di chilometri subito la prima salita di circa 2km. Che si fa in colonna cercando di non cadere e soprattutto stando attenti a non rompere i preziosi bastoncini e a non calpestarsi la lingua che nel mio caso penzolava già a mezz’asta. Arrivati in cima la simpatica sorpresa: binari ? Niente. Tutta neve mossa che equivale a dire, doppia fatica. In primis perché gli sci scorrono meno e quindi sono più lenti. In secondo luogo si spendono energie preziose per ricomporre gli sci che scappano da tutte le parti, soprattutto con le mie gambette da puffo. E per saltare da un binario all’altro cercando quello più veloce. A volte si ‘salta’ fuori dal binario, tipo grillo canterino, convinti di superare quel lumacone che ci precede invece appena fuori gli sci si incollano e oltre a Lumacone ci superano anche le altre 10 persone che ci seguivano. Dopo la salita, seguo il consiglio di Carmine ai primi Vasaloppisti come me: risparmiare energia fino a meno 20km poi chi ne ha spinga pure. Nevica, a tratti c’è un vento gelido che ghiaccia il respiro e il sudore. E’ una gara di forza, resistenza e anche nervi. Ogni km c’è un cartello grande come un edificio che ti urla quanto manca all’arrivo e che rende la gara ancora più lunga. Impossibile non vederlo, perché ce ne sono due, uno per lato della pista! Al 70esimo mi prende un dolore al fianco destro. Penso ad una bolla d’aria. Cerco di bere e spero in un ruttino liberatorio. Ma non passa. Non riesco a respirare e non riesco a piegarmi per mettermi a uovo sulle discesine e quindi non riesco a riposarmi e prendo freddo. Penso sia una congestione da freddo. La Marcialonga a confronto è piatta come un tavolo da biliardo. Cominciano a superarmi un po’ tutti anche perché gli sci tengono sempre meno. Mi fermo a mettere due punte di Klister ma con gli sci bagnati faccio una fatica porca a ‘tirarla’ (per inciso è la prima volta che la tiro, di solito uso gli stick e il tappo, male, ma riesco ad avere un po’ di aderenza.) Ho le mani collose e rimettermi i guanti è impossibile. Decido di fermarmi al primo wax point di professionisti, dove, come alla Marcialonga mi passano lo sci su un rullo che imprime una sciolina a caldo che fa l’effetto del bostik. Almeno fino al 40esimo chilometro tengono un po’ di più e in salita posso ‘sciare’ senza saltellare a lisca di pesce. Penso a mia moglie, ai bambini, al fatto che se gli ultimi ci mettono 10 ore e arrivano con buio se rallento forse arrivo (agli ultimi regalo anche la torcia da mettere in fronte). Ritirarmi non se ne parla. Al 30esimo mi appare san crispino che, camuffato da svedese con motoslitta e salsiccia arrostita, mi tenta offrendomi conforto e un abbraccio al colbacco di pelo. Vado avanti. Mi ricordo che il finale è un po’ meno duro. Mangio e bevo poco per non aggravare la situazione stomaco. Ma ho sempre più freddo e i muscoli più duri. Il galateo della gara vuole che i brocchi occupino come in macchina la corsia più a destra. Per tutta la gara mi sono sentito urlare “Tak Tak”, “tak tak”. Mi spostavo sempre più a destra. Uno l’ho anche mandato a cagare. Pensavano di chiedessero strada, del tipo spostati caprone che devo passare. All’arrivo ho scoperto che vuol dire grazie. Mi chiedevano con gentilezza di spostarmi o forse addirittura mi volevano ringraziare. Perché gara e gara e va bene la cortesia ma uno che ti passa davanti vuol dire scivolare un posto indietro. Almeno bisogna rendergli la vita un po’ dura. A uno gli ho anche urlato “ti ripiglio, tanto di ripiglio”. A meno 15km mi passa un po’ il male. Riesco quantomeno a stare in piedi e respirare. Le spalle non mi fanno male come alla fine di alcune Marcialonghe quindi forse posso provare a spingere, tanto peggio di così! Ho tolto l’orologio prima di partire quindi non ho ansie e riferimenti. Gli sms che mi manda mia moglie con gli intertempi live li vedo solo dopo l’arrivo quando afferro il cellulare da marsupio vuoto. Fisso come facevo in bici il sedere della donna che mi precede o le code degli sci del bisonte che mi ha appena superato. In un caso fisso pure il sedere di uno Scandivano con la coda lunga fino al sedere che  fino all’arrivo mi era parsa una bella vichinga. Non ci capisco un cavolo. Meno 10km. Ce la posso fare, adesso ci credo. Devo farcela. Spingo pensando alle ore passate attaccato ai pesi, sulla ciclabile incolore lunga la Valassina. Devo arrivare davanti a mio rivale di sempre. Il Renato Tremolada della SC Lissone, amico bancario di mio suocero, e rivale di Marcialonga da sempre. Per scaramanzia ho indossato un cappellino tricolore di sintetico che mia madre ha comprato sicuramente al mercato sotto casa. Ho sudato come un cavallo ma toglierlo sarebbe stato peggio. C’è scritto Italia. All’arrivo grazie al cappellino lo speaker mi chiama per nome. Credo abbia detto, “ un altro sopravvissuto italiano”. Medaglie non he ho avute (le danno solo a chi ci mette meno di una volta e mezza il tempo del vincitore, per la cronaca i primi ci hanno messo4ore e 14min), ma forse mi hanno inquadrato sul maxischermo. Dei compagni di viaggio non ho incontrato nessuno. All’arrivo qualcuno mi dice di avermi visto sfilare via, ma io non me ne sono accorto, ero in profonda estasi mistica. Ha ragione Licia dell’Agenzia di Viaggi, Running and More di Teseroche ha organizzato il viaggio (leggete cosa mi ha scritto oggi martedì: “sono veramente contenta che il viaggio le sia piaciuto…personalmente penso che siate un po’ masochisti….ma non lo diciamo a nessuno J” Si siamo masochisti. L’uomo cerca sempre di testare il suo limite e possibilmente superarlo.  Nel mio caso speravo di concluderla e ci sono riuscito ma il prezzo fisico e mentale è stato elevato. Dicono che da mercoledì torna la voglia di rifarla. Per quest’anno credo di essere a posto con la fatica e non voglio inforcare gli sci per un po’. Lascio che la magia della neve bagnata dei boschi Svedesi riempia le mie memorie come l’entusiasmo splendido di tutti gli spettatori e l’impegno gioviale di tutti i volontari. Sorrido ripensando ai discorsi di gloria dei forti e medagliati compagni di viaggio. E un po’ li invidio. Perché hanno il tempo di allenarsi, e la tecnica. Nella mia vita ho fatto molti sport, male. Ogni tanto sarebbe bello fare qualcosa bene, anche mia moglie me lo dice sempre. Una delle cose che mi riempie più di gioia e la medaglia del mio compagno di camera Renzo. Un uomo normale, che come me non vive sulla neve e che fa quel che può per allenarsi e va avanti a passione e costanza. Per darvi un ordine di misura io ci ho messo una decina di minuti in più rispetto ai maestri della prima edizione nel 1922! Ho mangiato 4 barrette, 9 fialette di maltodestrine Energia Rapida, 4 gel Enervit, 15 pastiglie di Enervit Gt e ho bevuto un paio di litri fra te e Enervit.

Ringraziamenti:
1) A mia moglie: non ce l’avrei mai fatta senza di te. Mi hai dato la forza ma anche le possibilità di allenarmi con tenacia e con il sorriso;

2) A mio suocero: che mi ha introdotto a questo bellissimo sport e ogni giorno rappresenta un modello da seguire per tenacia e vitalità;

3) Al Renzo, simpatico fondista di Ovada. Uomo di altri tempi. Raramente ho trovato una persona così educata e piacevole. Che da fiducia non solo nei valori dello sport ma dell’intero genere umano.

4) A Giorgio, che mi ha permesso di vivere questa bella esperienza e ha creduto in me.

5) Ad Anna, che sabato in pieno sbattimento scioline, mi ha trascinato lontano, sino al mitico zoccolificio di Oxberg, vedi http://dalaclogs.se/.

6) A Carmine e Mariano (che si è fatto due belle vesciche sulla mani per stendere la Klister mia e degli altri profughi)

7) A Silvano, Ilaria, Denis, etc., insomma quelli forti che la fanno sembrare una cosa possibile.

8) Un po’ meno ad Alessandra della Maplus che mi ha preparato gli sci: veloci erano veloci, ma non tenevano un cazzo!