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Quando qualche tempo fa Silvana Lattanzio, amica e collega, redattrice di Triathlete, mi aveva detto che sarebbe andata alla 100 chilometri del Caribe, in terra Dominicana, ho pensato ci andasse per lavoro. Cioè per un servizio, per raccontarla poi sulle pagine del suo mensile, magari seguendo qualche tappa o provando qualche breve pezzo di percorso. Non pensavo la corresse tutta. Anche se a tappe cento chilometri restano cento chilometri da correre poi non proprio in pianura o su un comodo lungomare asfaltato. Basta dare un’occhiata alle foto per capire che la 100 km del Caribe è sicuramente una gara da fare una volta nella vita perchè correre da quelle parti regala emozioni che vanno oltre la corsa, ma non è sicuramente una passeggiata. Si attraversano pezzi di giungla, si guadano fiumi, si sale, si scende e alla fine le distanze è come se un po’ raddoppiassero. Ma il racconto vale molto di più se  farlo è chi ha avuto il coraggio o forse l’incoscienza di mettersi il pettorale e partire….

 

 

Cento chilometri del Caribe, 100 km di storie di vita, di emozioni, di natura vera. Mi trovo qui in terra dominicana un po’ per il mio lavoro di giornalista e un po’ per il mio back ground di runner di lunga distanza. E qui di distanza da coprire ce n’è parecchia, con questi 100 km suddivisi in 5 tappe di variabili lunghezze e panorami. La 1^ si corre a Cabarete Beach, nord dell’isola, 10 km alternati tra ombra dei palmeti e sole abbagliante della spiaggia. Musica e allegria alla partenza, l’eccitazione è nell’aria. Pronti, si parte. I coloratissimi kite surf volteggiano nell’aria e distraggono un po’ dalla fatica, perché se è vero che 10 km non sono tanti, e per di più sono i primi, è anche vero che la finissima sabbia di certo non aiuta la falcata. La 2^ tappa ci porta a correre a Puerto Plata: 17,5 km di foresta e di fatica coi suoi 1.500 m di dislivello, ad arrancare fin lassù, alla montagna di Santa Maria del Torres, con in cima la statua del Cristo che a braccia aperte accoglie i podisti stanchi. La 3^ è a Sosua, 18 km nella Monkey Jungle che, come tutte le giungle che si rispettino, ha un tasso di umidità altissimo. Sembra di correre in un bagno turco, il tracciato, però, è quasi tutto piatto e corribile, anche se accidentato. Grande attenzione, quindi, fino all’arrivo dove un fresco laghetto è proprio lì, troppo invitante: giusto il tempo di sfilarsi lo zainetto e ci si butta dentro vestiti così come si è, scarpette comprese. La 4^ tappa, la più temuta perché la più lunga, il tappone di 44,5 km, è a Las Terrenas ma la bellezza dei panorami smorza un po’ la fatica: dal Salto de Limon, la bellissima cascata nel verde lussureggiante, ai diversi guadi da fare attraversando il fiume in più punti, tanto da sentirsi degli autentici Indiana Jones. La faccenda va poi complicandosi quando un fitto gruppo di mangrovie non permette il passaggio via terra costringendo così i runners a passare via mare per un paio di km. Acqua a mezza coscia, o anche fino alla cintola, dipende dalla propria statura. La raccomandazione è quella di seguire in modo fedele le bandierine poste dai tracciatori così da evitare i punti più profondi. Niente tagli dunque. Seguono tanti km corsi in spiaggia in un susseguirsi di baie, alcune selvagge, altre attrezzate con sdraio dove i bagnanti incuriositi e ammirati applaudono il passaggio degli atleti che, inorgogliti, trovano le energie per lo sprint sotto l’arco del traguardo. Ed eccoci alla 5^ tappa: solo 12 km alla fine dell’impresa e i 100 km del Caribe saranno completati. Sulla Playa Moron si dà l’ultimo start. Il serpentone colorato dei podisti si allunga sulla spiaggia per piegare subito verso l’interno e affrontare un paio di salite, le ultime, attraversare un palmeto, ed ecco di nuovo la spiaggia. Ormai si vola, l’arrivo è vicino, si sente già la musica dagli altoparlanti. Con quel che resta di energia nelle gambe si sprinta sul rettilineo finale che traguarda la finish line sfalciando sulla sabbia, ma ormai non importa, siamo arrivati. Chi ha già concluso la sua fatica è mollemente immerso nel mare, escono dall’acqua solo la testa e un braccio con in mano una bibita fresca e incitano ogni arrivo. Seguono le premiazioni. Vincono due italiani: la forte campionessa in carica Alice Modignani Fasoli e l’outsider nel trail Pasquale Rutigliano al suo esordio nell’off road, anche se il suo 2:20’ in maratona e il suo 1:04’ nella mezza avrebbero dovuto suggerirci qualcosa. Musica, gioia ed energia con le coloratissime ballerine che danzano sul palco per festeggiare la conclusione dell’evento, mentre all’ombra delle palme un eccellente servizio massaggi spazza via la stanchezza.

di Silvana Lattanzio; foto: Pierluigi Benini