ef698d64-93a7-11e6-9853-97584aae2bb3_169_l “Sono stato fortunato…”. Fortunato perchè un correttissimo Giacomo Nizzolo non lo ha inchiodato alle transenne. Ma è chiaro che Peter Sagan non ha debiti con la fortuna. E’ il più forte e la fortuna non c’entra. E fanno due. Due mondiali per un fenomeno travestito da pirata che è sempre più il re di un ciclismo che  pende dalla sue labbra. Che è sempre più personaggio, senza bisogno di vincere una corsa a tappe, senza bisogno di essere troppo social o troppo vip. Sagan è Sagan e questo avanza. E così chiude con un sigillo una corsa strana, come è stato strano questo caldissimo mondiale di Doha che finisce senza pubblico ma  con una “fucilata” che ricorda i guizzi dei grandissimi e conferma quali siano i valori in campo oggi quando nelle volate non ci sono treni e quando, chilometri vento e tanti gradi sull’asfalto fanno diventare dura anche una corsa piatta. Cavendish e Boonen finiscono dietro, rosicano il giusto ma non possono avere rimpianti perchè di fronte a tanta classe, di fronte a una volata che segue linee non convenzionali e impossibili  per gli umani, di fronte al coraggio di infilarsi laddove nessuno osa, di fronte  a una Sagan cosi nessuno può. Neanche i nostri, sempre protagonisti, sempre in gara, sempre là davanti ma mai primi che sembra stia diventando una maledizione da Rio e Doha senza andare tanto indietro. Però la differenza è tutta nelle invenzioni dello slovacco che corre quasi senza squadra, con il fratello che gli dà una mano per quel che può, ma che con le sue magie riesce anche tra gli sceicchi a fare la differenza. E in un certo modo a dare un senso ad uno dei mondiali più anonimi della storia, segno che soldi e sponsor contano ( eccome se contano) ma correre in Quatar non è come correre in Francia o in Belgio…Ovunque lo metti Sagan fa la differenza, forse anche se decidesse di iscriversi a una gara di ciclocross… In una conferenza stampa, durante un’intervista, su una mountainbike alle olimpiadi, nelle classiche, nei mondiali…Dove c’è lui può sempre succedere qualcosa che poi resta scritto nelle memoria. Che finisce sulle prime pagine dei giornali. Che ti incolla alla tv. Finisce con un podio che più mondiale non si può. Con tre campioni del mondo primo secondo e terzo. Con Mark Cavendish e Tom Boonen a fare le damigelle d’onore a sua maestà. Ma poi partono le note dell’inno slovacco e ti rendi conto che quel pirata con con la bandiera slovacca avvolta sulle spalle di mondiali ne ha già vinti due. Che è già un pezzo di storia. Ma mica finisce qui…