Dieci chilometri orari. Per la corsa sono un po’ come il muro di Berlino che non c’è più, la barriera corallina, lo spartitraffico tra chi ci prova e chi fa su serio. L’altro giorno chiacchierando, non so perchè,  di maratona  con un amico che non corre, non va in bici, non nuota e se ne vanta ho scoperto una cosa che non sapevo. Mai dire mai insomma. Gli raccontavo, con un bel po’ di sufficienza,  di come mi alleno , della regola delle due ore e mezzo di “fitness” al giorno  dando la precedenza, quando si può, alla bici due mesi prima dell’Ironman che al tempo mi aveva suggerito Fabio Vedana sconsolato dalla mia allergia a qualsiasi genere di tabella, di come si affronta una maratona, una mezza la corsa lunga in genere  e lui, ad un certo punto, mi ha interrotto chiedendomi: “Ma tu a quanto corri,  cioè a che velocità vai?”. Domanda inattesa da uno che la cosa più sportiva che fa nella sua giornata  è leggere la Gazzetta. E inattesa perchè ho avuto la sensazione netta che non fosse curiosità e basta, voleva provare a ” stanarmi” anche se non capivo bene dove volesse andare  a parare. Però ho risposto. Ho buttato lì un “dipende…” che in certe situazioni è il modo migliore per prendere un po’ di tempo e ripassar palla all’avversario: non segni ma almeno non prendi gol. “Dipende da cosa- ha rilanciato lui con un ghigno- Vai più o meno di 10 all’ora?>. Due calcoli veloci ed è uscito il segno più. “Certo che vado a più di dieci all’ ora -ho risposto- Ma perchè vuoi saperlo, che ti frega…”. Il perchè l’ho capito subito dopo. C’è una teoria, abbastanza diffusa, che sostiene che la corsa si  può chiamare corsa solo dai dieci chilometri orari in su. Sotto è solo jogging, bisogna mettersi il cuore in pace. Giuro che non lo sapevo. Il mio collega, quello che voleva stanarmi invece  sì. L’aveva letto un po’ di tempo fa su Sport Week, l’inserto che esce il sabato con la Gazzetta…