L’aria che tira nei corridoi di Palazzo Chigi  non è buona. Palestre e piscine  che il governo con l’ultimo Dpcm ha chiuso  fino al 15 gennaio difficilmente riapriranno. La prospettiva è quella di sempre:  dipenderà dall’andamento dei contagi e dai dati epidemiologici che arriveranno dopo l’Epifania. E la  sensazione è che ancora una volta la riapertura  delle attività sportive al chiuso  possa slittare così come non è per nulla certa la ripartenza della scuola, come ha fatto capire il Ministro dei Trasporti Paola De Micheli  che, in un’audizione oggi alla Camera, ammette ” situazioni di rischio”.  La paura è quella di un’eventuale terza ondata che  potrebbe compromettere la campagna vaccinale appena partita. Ma per lo sport è un punto di non ritorno. “Il Governo deve rendersi conto che lo sport in Italia si fa solo attraverso le società e le associazioni sportive, che vanno sostenute con i fatti e non soltanto a chiacchiere” attacca  Paolo Barelli, presidente della Federazione italiana Nuoto in un’intervista all’Italpress. Il nuoto, ma lo sport in genere, è su un binario morto: «Usciamo da un anno complicato- spiega- il quadro è drammatico in particolare per noi, visto che le nostre discipline si fanno dentro le piscine. Le nostre società e i gestori affiliati sono veramente allo stremo, i costi restano più o meno gli stessi ma con la chiusura degli impianti all’utenza non ce la fanno più e alcuni stanno fallendo. I ristori non sono assolutamente arrivati al settore dello sport, se non piccole mancette che non servono a nulla. Siamo più che preoccupati, anche perchè in Italia lo sport non si fa nella scuola nè all’università, i comuni non hanno la forza economica di sostenere l’attività motoria: tutto è basato su società e associazioni, entità non riconosciute dal punto di vista pratico. Lo Stato non fa nulla per sostenerle: se muoiono queste realtà, già allo stremo per il Covid, chiudono gli impianti e finisce l’attività motoria». Chiaro, chiarissimo anche se pare che il governo non sia sintonizzato sulle stesse frequenze. E così la replica del ministro Vincenzo Spadafora  una verità che cozza con chi vive sul campo la quotidianità di una pratica sportiva dimenticata:  “Capisco bene il disagio e la rabbia ma entro certi limiti- spiega Spadafora- i lavoratori sportivi  e le ASD e SSD hanno avuto contributi per centinaia di milioni di euro, molto più di tanti altri settori, e continueranno ad averli fino a quando lo sport non ripartirà. Mi risulta che anche tra chi commenta lamentandosi dei mancati aiuti ci siano in realtà persone che hanno ricevuto decine di migliaia di euro, altro che spiccioli…”.