La foto che sta facendo il giro della Gran Bretagna è quella di Bayleigh Passant che, con le scarpe da calcio e la maglia ancora infangata, esce da un minimarket di Crosby, un paesino da 40mila anime sul mare a un tiro di schioppo da Liverpool,  stringendo tra le braccia una decina di birre da offrire ai suoi tifosi. Passant, una ventina d’anni, operaio dal lunedì al venerdì, è il portiere titolare del Marine Football club, squadra con più di un secolo di storia che gioca nella Northern Premier League Division One North West, l’ottava divisione inglese, la nostra seconda categoria.  La storia comincia  qui. Passant e compagni, una decina di giorni fa battono fa l’Havant and Waterlooville con un gol all’ultimo minuto del loro capitano, l’insegnante elementare Niall Cummin,  e si qualificano per il terzo turno della Fa Cup, la coppa d’Inghilterra,  il torneo più antico del Paese,  la sfida nata nel 1871 per dare gioia e sfogo a tutti quegli operai che nei giorni della settimana tirano di lima nelle fabbriche del Regno e la domenica mattina han voglia di tirar calci a un pallone sui campetti delle loro contee.  Poi nella Coppa d’Inghilterra arrivano anche i grandi club e le sfide diventano altre anche se ogni tanto tornano ad attorcigliarsi con la storia e a raccontare vicende antiche. Proprio come quella che nel terzo turno mette di fronte al Marine nientemeno che il Tottenham di Josè Mourinho, di Harry Kaine, di Gareth Bale, di Heung-Min Son, di Dele Alli e di Joe Lewis uno degli uomini più ricchi d’Inghilterra che da anni ormai vive a bordo di uno yacht da mille e una notte. Non è mai successo.  Mai in 140 edizioni della fa Cup si sono ritrovati di fronte due club così lontani per categoria, mai in campo sono scesi due mondi così diversi e distanti. Da una parte uno dei club più titolati, ricchi e potenti della Premier, dall’altra una squadretta di amici che vivono sognando il calcio ma che ogni mattina si alzano e si rimboccano le maniche per portare a casa la pagnotta.  Come Neil Young, il mister del Marine che fa il ferroviere sui treni di sua maestà e che per giocarsi la sfida della sua vita si è dovuto mettere in ferie. Marziani e terrestri, professionisti e amatori, sponsor e sottoscrizioni per comprarsi le divise,  business e poesia che per una sera si incrociano sulla via del mare che si affaccia verso l’Irlanda e che portano a Crosby per un miracolo sportivo che sembra quello delle maree che ad ogni tramonto fanno apparire e scomparire le cento enormi statue di ghisa realizzate da Antony Gormley,  in una delle installazioni più famose del Regno Unito. Crosby è soprattutto questo. E’ un paesino di costa dove la vita scorre tranquilla tra pioggia , vento e mareggiate, tra il profumo della torba bruciata nei camini,  tra un pub, una birra e la partita del Marine al Rosett Park che sta a nove chilometri in linea d’aria da Anfield Road. Però si vive bene tant’è che da queste parti ha preso casa anche il mister dell’Everton Carletto Ancelotti che, per questa sfida con gli Spurs, ha prestato il proprio centro di allenamento ai ragazzi del presidente David Thompson e gli ha pure dato i  filmati delle partite per studiare la tattica.  Da dieci giorni, da quel gol al novantesimo contro l’Havant che ha spianato la strada a un sogno, da queste parti non si parla d’altro e, se non ci fosse stato il Covid che qui è più emergenza che altrove,  la sfida storica col Tottenham avrebbe portato tra biglietti venduti, curiosi e turisti oltre 100mila sterline. Va così. Ma non ci si perde d’animo. E allora, anche se i 380 posti della Travel Arena sono quasi deserti, per la sfida con gli Spurs i biglietti diventano virtuali e tra appassionati, vip e chi ha tanta voglia di poter dire un giorno “io c’ero”, se ne vendono più di 20mila che vanno ad aggiungersi ad una lotteria che mette in palio maglie del Marine, gadgets, qualche birra e, per il vincitore, la possibilità di sedersi in panchina a guidare la squadra in un’amichevole.  Tribune vuote ma tutto esaurito  intorno alla rete di oltre due metri che serve a non far uscire il pallone che altrimenti finirebbbe nei giardinetti delle case che poi c’è qualcuno che se lo tiene. Gente alle finestre, in cortile, sui davanzali. Al civico 39 tre ragazzi seguono la sfida con una bottiglia di spumante e, per star distanziati, si sono arrampicati sull’albero del giardino; al 49 una signora tifosa dei Reds (come quasi tutti qui) fa sapere a mister Jurgen Klopp con un cartellone scritto col pennarello che avrebbe tanto piacere di invitarlo a cena e non solo a cena…;  al civico 21  c’è la signora Jones e al 21 il signor Nolan che fanno il tifo sorseggiando una pinta a una decina di metri da Mou.  Che è infreddolito e scuro in volto perchè fino al 24mo del primo tempo il Marine tiene il campo e al 19 Neil Kengni lo fa sussultare con un tiro di controbalzo che si stampa sulla traversa a pochi centimetri dalla gloria: ” Se perdiamo in premier è colpa mia- aveva avvisato lo special one alla vigilia- ma se perdiamo qui la colpa è di chi va in campo. E vincere senza guardare in faccia a nessuno è il modo migliore per rispettare questi avversari…”. Ovviamente gli Spurs non perdono. Cinque a zero e pratica chiusa in una serata che permette al Tottenham di andare avanti in coppa alla ricerca di un trofeo che non mettono in bacheca ormai da 12 anni e al Marine di entrare nella storia del calcio inglese, e non solo inglese,  per la via maestra. Finisce tra gli abbracci. Finisce in gloria, finisce con l’ex stella del Liverpool Jamie Carragher che abita qui  che fa un donazione importante per aiutare i ragazzi del Merseyside a fare sport e finisce con il calcio che per una sera torna a regalare emozioni e poesia. Perche un calcio così  come scriveva Pierpaolo Pasolini  “E’ l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo. È rito nel fondo, anche se è evasione. Mentre altre rappresentazioni sacre, persino la messa, sono in declino, il calcio è l’unica rimastaci. Il calcio è lo spettacolo che ha sostituito il teatro…”