Titoli di coda sul Giro di Wout Van Aert. Non ci sarà ma è stato bello anche solo sognare di vederlo sulle nostre strade e poco servirano a consolare le note di Lorenzo Jovanotti che ha messo le sua firma sulla sigla ufficiale della corsa Rosa.  Servirebbe un’altra musica . Tutta un’altra musica perchè con il fiammingo sarebbe stato un Giro diverso, inutile negarlo. Quella di Van Aert con l’Italia  é una storia cominciata più o meno sette anni fa quando salì sul podio delle Strade Bianche e si presentò ai tifosi, che di ciclocross poco sapevano, ma intuirono all’istante che quel giovanotto dalla mani grandi da ciclista, il fisico potente e la  faccia pulita da idolo delle teenager era qualcosa di più che un ottimo ciclista. Il  fiammingo finì terzo dietro Tesj Benoot e Romain Bardet. Terzo ma primo per come andò. Perchè cadde stremato sull’ultimo strappo prima di Pazza del Campo, si rialzò, si rimise in sella e traballante arrivò al traguardo facendo innamorare tutti. Una scena d’altri tempi con con lui terzo ma eroico, come eroiche sono le Strade Bianche, come eroico è un po’ il suo modo di correre, senza far troppi calcoli, generoso fin troppo, fino a cedere passo e vittoria a qualche compagno anche quando forse non si dovrebbe. Da un paio di giorni l’annuncio è ufficiale: Wout van Aert no verrà al Giro.  Dopo la caduta in cui ha fratturato sterno, clavicola e costole un po’ si immaginava e un po’ si sapeva ma la speranza era che ce la facesse. E invece no e la notizia è arrivata via social come funziona oggi: “Mi mi sto riprendendo dai postumi dalla caduta ma le fratture alle costole mi limitano parecchio- ha spiegato il campione della Visma Lease a bike- Ho provato a rimontare in sella, ma non riesco proprio a pedalare per allenarmi. A questo punto non posso fare diversamente, è un peccato e sono davvero dispiaciuto di dover rinunciare anche al secondo grande obiettivo della stagione ma dobbiamo dare la priorità alla salute e al mio corpo serve tempo per recuperare”. Fine. Fine di un sogno italiano che era suo ma anche di un sacco di tifosi che non vedevano l’ora di seguirlo, vederlo, applaudirlo. I drammi sono altri ma è un è un peccato perchè, anche se Van Aert il Giro non lo avrebbe vinto, un Giro senza  di lui è tutta un’altra storia da raccontare. Perchè è uno dei pochi capaci di dare un senso ad ogni tappa, ad ogni volata, ad ogni fuga, ad ogni cronometro. Perchè sa attaccare, inventare, sprintare, scalare, ricucire ma soprattutto sa vincere in un modo mai banale. Si fa in fretta ad innamorarsi di un corridore così. Tanti anni fa, dopo aver vinto un mondiale di ciclocross a Zolder,  arrivò giovanissimo in visita alle officine Colnago di Cambiago e l’Ernesto, che gli aveva costruito la bici della vittoria, lo battezzò all’istante: “Questo qui- disse in dialetto milanese- è uno che va lontano…”. Una profezia, una delle tante, di chi i grandi campioni li ha conosciuti e seguiti, gli ha preso misure, assecondato i capricci, li ha messi in sella. E infatti quel ragazzino di Herentals di strada ne ha fatta. Milano-Saremo, Gand-Wevelgem, Strade Bianche, nove vittorie di tappa al Tour ed altro ancora. Ma forse meno di ciò che un fenomeno del suo talento avrebbe potuto, avrebbe dovuto, avrebbe meritato. Mancheranno al Giro la sua classe assoluta, il suo carisma,  la sua generosità e il suo essere spesso sfortunato protagonista. Sì perchè la sfortuna spesso si accanisce sugli “eroi” e li rende un po’ più vulnerabili forse proprio per farli amare di più. Va così da sempre, nella storia e nel Mito che ci ha sempre raccontato di eroi mai troppo vincenti…. Non Achille, il più forte degli Achei, ucciso da una freccia del più vile dei guerrieri. Né Ettore, il più forte dei Troiani, ucciso da Achille e umiliato di fronte alle mura della sua città. Non Agamennone, il capo della spedizione, ucciso dall’amante della moglie fedifraga non appena rimette piede a Micene. Il fiammingo è in buona compagnia…