Le immagini della mezza maratona di Pechino non lasciano dubbio alcuno. Gli atleti keniani Robert Keter e Willy Mnangat, l’etiope Dejene Hailu rallentano, si fanno raggiungere dal cinese He Jie, gli fanno spazio, con una mano gli fanno cenno di passare e lo lasciano vincere. Fine. Non serve altra cronaca perchè il video dell’arrivo è diventato virale sul web e l’Ufficio sportivo di Pechino e l’organizzatore dell’evento, il Beijing Sports Competition Management and International Exchange Center, hanno deciso di avviare una serie di indagini sulla vicenda. Il mondo si indigna per la farsa, per l’ imbroglio, per lo scandalo ma forse c’è poco da indignarsi e comunque non per questo. I quattro hanno fatto tutto alla luce del sole, nel modo più eclatante possibile, senza recitare, senza dissimulare. Sicuramente c’era un accordo: forse politico tra le Federazioni, forse commerciale perchè tutti e quattro i maratoneti corrono con scarpe dello stesso sponsor, forse chissà per cos’altro. Quindi più che indignarsi per ciò che è successo, per ciò che gli spettatori hanno visto e le telecamere trasmesso bisognerebbe indignarsi per ciò che lo sport non ha più paura di nascondere e cioè che la regola assoluta, il dogma, l’essenza cioè  che vince il più forte, vince chi merita, si sta sgretolando. Non serve fare le verginelle: le combine ci sono sempre state. Ma ora si fa un passo avanti: la combine non va più neanche nascosta e basta avere la pazienza di far scorrere le immagini oltre il traguardo per vedere che i quattro atleti al traguardo non sono nè tristi nè arrabbiati: si abbracciano, sorridono, fanno i complimenti al maratoneta cinese che tra l’altro non è proprio un carneade qualunque ma già medaglia d’oro lo scorso anno in maratona ai Giochi Asiatici. Dettagli. Ciò che conta è che a Pechino si è rotto un argine, si è fatto un passo deciso in avanti nella demolizione dell’idea romantica dello sport per far spazio a quella più prosaica del business e dell’interesse politico.  Che poi è già così da un bel pezzo: ma era bello illudersi facendo finta di non saperlo.