Su cinque tracciati da 27  fino a 153 chilometri. Sulle strade bianche della Val D’Orcia, della Val D’Arbia, tra le Crete Senesi, nella Riserva Naturale di Lucciolabella e il Parco Geominerario del Monte Amiata. Con le bici d’epoca. In tanti, più di 2.500 di tutto punto vestiti, come allora, come sempre.  Pochi giorni fa a Montalcino è andata in scena l’Eroica di Primavera, una delle tante Eroiche che da Gaiole in Chianti stanno ormai conquistando il mondo. Ma non è un corsa che sta conquistando il mondo: é un’idea, un concetto, una cultura, un modo di pensare, di vivere, di stare insieme e di immaginarsi. E’ per questo che Eroica si prende tutto lo spazio che c’è,  conquista, entra nel cuore e nella testa di chi pedala.  Perchè  chi corre l’Eroica un po’ eroe lo è sempre  anche se sa perfettamente che gli eroi sono altri. Perchè per correre in bici tanti anni fa un po’ eroi bisognava esserlo. Le bici erano quelle che erano. E le strade anche. Niente carbonio,  niente elettronica, niente integratori, niente di niente. Come diceva Alfredo Binda, e non a caso la sua frase è diventata storia, per correre allora ci volevano i “garun…” e non serve tradurre per capire che bisognava esser tosti. Forse la fatica era di più. Certo che le facce erano antiche già da giovani . Non c’era tempo per look,  orecchini, tatuaggi, per i body intonati con le bici. Le scarpette non avevano le suole hi-tech e gli attacchi erano le cinghiette dei puntapiedi. Stop.  Un altro mondo. Un mondo dove la bici era poesia pura, romanzo, oggetto del desiderio e oggetto di un racconto infinito uscito dalle penne di grandi scrittori. Non solo un mezzo meccanico, ma il mezzo per raccontare una grande storia di attese e di speranze e per vivere un riscatto che, dopo le Guerre,  i nostri nonni e bisnonni si sono conquistati con il cuore e con le unghie. C’era una volta il ciclismo dei pionieri che ha fatto pedalare un Paese che aveva voglia di ricominciare e c’è oggi un ciclismo che a quell’epopea si ispira e vuole rivivere. Ovvio, per gioco. Con lo spirito lieve che serve in questi casi. Ed è un altro ciclismo. Più rilassato  di quello delle granfondo dove ci si depila, si cerca il tempo e  si va sempre a tutta. Più godereccio rispetto alla frenesie dei ristori in corsa con sali e barrette presi al volo per non perdere un secondo. Qui ci si ferma,  si chiacchiera e si mangia davvero: torte fatte in casa, salumi,  minestra di pane,  zuppa di ceci e zabaione col vin santo. Facile fermarsi, difficile ripartire. Ma poi si fa perchè non c’è fretta, non c’è agone. Si riparte e ci si riferma perchè da queste parti c’è tanto anche da vedere e c’è sempre il tempo di una foto o di un “selfie” come si usa da quando i telefonini sono entrati nelle nostre vite. E’ il ciclismo che torna eroico.  E’ il ciclismo che sfida il tempo, che lo conserva e un po’ lo anticipa. In questi giorni eroici di Montalcino in  Piazza del Popolo, sotto la Torre del Palazzo dei Priori, c’erano due biciclette d’epoca che, collegate un generatore di energia attivato dalla pedalata, illuminavano la  loggia. In quarant’otto ore 24 squadre si sono avvicendate sui pedali mentre su un maxischermo scorrevano le immagini del  video «Dipende da noi», realizzato nell’ambito della misura Pnrr «Cultura e Consapevolezza delle sfide ambientali» dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica. Sfida nella sfida per spiegare come la bici sia esempio  virtuoso di economia circolare,  per promuovere un manifesto e il decalogo di un ciclismo sostenibile, per far conoscere un progetto di studio messo a punto con Eroica  sui «percorsi ritrovati» tra strade rurali e bianche, viabilità dimenticata che connette ai Parchi Nazionali e Geominerari italiani con oltre duecento le ciclovie mappate, che permettono di avvicinarsi alle aree protette italiane, andando alla scoperta di territori non noti al grande pubblico.  «La bicicletta – è scritto nel manifesto – è l’esempio di economia circolare per eccellenza e i ciclisti che pedalano per il mondo sono portatori di storie, coraggio, amore e sensibilità per l’ambiente». Si pedala da eroi, ma si guarda avanti.