Piazza Michelangelo mezza vuota? I fiorentini infastiditi perchè il Tour paralizza tutto? E poi che c’entra il Tour con la Toscana, la Romagna, il Piemonte? E chissà quanto è costato portarlo qui… Come spesso capita dalle nostre parti si fa fatica a godersi le belle cose che poi meno male che in qualche modo arrivano perchè con l’aria che tira per i “grandi eventi” se non viene qualcuno a portarceli tra crisi, burocrazia e impianti vetusti si fa fatica a metterli in piedi ormai. E per rendersene conto basta pensare che l’Europeo di calcio del 2032, per organizzarlo, si è dovuto chiedere una mano alla Turchia. Ma tant’è. Però poi basta vedere Pogacar, Vingegaard, Van der Poel,  Van Aert,  Evenepoel, Roglic, Thomas, Ciccone  e compagnia bella che sfilano sul parco per la Grande partenza e le polemiche svaniscono. Chi ama il ciclismo si lustra gli occhi: il Tour d’Italie? E quando ricapita?  “Il Tour de France non è mai partito dall’Italia in 120 anni ed era una specie di anomalia, di incongruenza. Un errore a cui  abbiamo posto rimedio…”  ha detto e ridetto in questi giorni il patron  Christian Prudhomme che in queste settimane ha girato un po’ ovunque nel Belpaese per convincere, ma non ce n’era bisogno, che il suo è un “prodotto” fantastico e non teme la concorrenza. Un atto di giustizia e di cuore anche se ovviamente  non è solo così, non è solo un omaggio. Il Tour 2024, il numero 111, scatta domani per concludersi il 21 luglio: 3.492 km in programma con le prime tre tappe sulle nostre strade. La prima, 206 km da Firenze a Rimini; la seconda, 200 km da Cesenatico a Bologna; la terza, 229 km  da Piacenza a Torino. Il quarto giorno si parte da Pinerolo per poi entrare in Francia e affrontare Sestriere, Monginevro e Galibier. Due le cronometro: una individuale di 25 km da Nuits Saint Georges a Gevrey-Chambertin, l’altra l’ultimo giorno di 34 km da Monaco a Nizza. Ci saranno sterrati e pavè e ovviamente ci saranno le salite: nel Massiccio Centrale, con traguardo a Le Lioran e poi i Pirenei con l’immancabile arrivo a Pau prima degli arrivi in quota a Saint Lary Soulan (Pla d’Adet) a Plateau de Beille, a Isola 2000 e sul Col de la Couillole.  Uno spettacolo senza eguali per chi ama il ciclismo.  E il “Tour d’Italie” per chi è appassionato di ciclismo, è un gran bel regalo , una bella cartolina italiana da spedire nel mondo. Ma non solo un romantico omaggio perche il Tour che , dopo Mondiali di calcio e le Olimpiadi è l’evento sportivo più seguito, è soprattutto un affare dove molto si spende e molto si incassa che smuove un giro d’affari di oltre  150 milioni di euro, grazie ad un audience di 3,5 miliardi di spettatori collegati in 190 paesi. Toscana, Emilia Romagna, Piemonte e la città di Torino per far passare la corsa francese sulle loro strade hanno investito complessivamente 11 milioni che sono una cifra non da poco ma che, come sempre capita col Tour, è un investimento che rende  almeno tre volte tanto se non di più. Qualche esempio? Pochi giorni fa il centro studi statistici della città Metropolitana di Firenze ha quantificato un indotto economico che sfiorerà i 20 milioni di euro tra consumi, pernottamenti,  ristorazione, spese dei turisti, staff delle squadre al seguito, oltre 250 giornalisti accreditati e via elencando.  Non è poco ma meglio andrà all’Emilia-Romagna che il Tour se lo è assicurato in partica pe due giorni: l’indotto calcolato è di 30 milioni circa con oltre 150mila presenze solo a Rimini che ha le strutture alberghiere prenotate al 90 per cento. Cifre più basse per il Piemonte che per portare il Tour in Regione, prima a Torino e poi a Pinerolo, ha investito tre milioni.  Ciò detto il discorso il discorso potrebbe chiudersi qui.  Ma la domanda resta. Perchè il Tour deve partire dall’Italia? Perchè oggi il ciclismo è ciò che pandemie, guerre, crisi economiche permettono che sia, cioè uno sport con la spia rossa dei conti accesa e con la necessità di trovare sponsor e soldi dove c’è ancora qualcuno disposto ad aprire i cordoni della borsa. Il Tour è il Tour ma ormai come tanti grandi eventi sportivi è diventato anche un’altra cosa.  Che ciclismo è? E’ quello dei tempi moderni, figlio dello stato di necessità, dove i campioni contano ma i soldi pure. Anzi di più.