“Peccato per il quarto posto ma è il giorno più bello della mia vita…” Così Benedetta Pilato alla fine della sua prima finale olimpica nei 100 metri rana, a un centesimo di secondo dal bronzo. Benedetta di nome e di fatto perchè le sue lacrime e la sua sincerità dovrebbero bastare a chiudere la polemica sulle “medaglie di legno” che nello sport non esistono e che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha deciso di invitare al Quirinale con una scelta senza precedenti  insieme con ori, argenti e bronzi. Sono 25 o quarti posti collezionati dagli azzurri a Parigi: primi degli sconfitti o ultimi dei vincitori? Dubbio non dovrebbe esserci. A certi livelli lo sport si fa per vincere, con questa idea ci si presenta al via, nessuno parte pensando di partecipare o pensando di essere battuto. Ma nel dibattito molto retorico e un po’ buonista degli ultimi giorni pare quasi che vincere sia diventato un trascurabile dettaglio, retaggio di uno sport vecchia maniera poco rispettoso, poco inclusivo, poco attento a tutte quelle logiche che, sinceramente, con lo sport agonistico c’entrano nulla o quasi. Vincere  è l’essenza dello sport, quello vero, quello degli atleti, dei campioni che quando sono in gara non cercano alibi e non fanno sconti a nessuno, figurarsi a se stessi. Che poi magari perdono anche perchè qualcuno che perde c’è sempre e perchè perdere è un’opzione, ma solo l’ultima più sciagurata delle opzioni, difficile da comprendere e difficile da accettare per chi fa questo «mestiere». Scendere in campo per partecipare fa parte della retorica di uno sport che a certi livelli non esiste, è un’utopia che fa a pugni con una realtà quotidiana fatta di dedizione, tenacia, con l’ossessione degli allenamenti, del traguardo da raggiungere, con la disciplina, la rabbia e i sacrifici che uno si impone per arrivare a conquistare il suo sogno. Chiedete a Remco Evenepoel quando è scattato sullo strappo di Montmartre andando a vincere il suo secondo oro dopo quello della crono se si sarebbe accontentato anche di un «onorevole» secondo posto. O chiedete a Thomas Ceccon , che non ci ha dormito le notti pensando a quell’oro nei 100 dorso, se lo avrebbe barattato con un argento o un bronzo per qualche ora di sonno in più?  Vada come vada ma nello sport si gioca per vincere.  Vittoria e sconfitta sono le due facce della vita e, nonostante tutta la retorica dei buoni sentimenti, funziona così. E’ bello vincere ed è utile (utilissimo) anche perdere quando si è lottato, combattuto, quando si è dato tutto fino all’ultima goccia di energia. Tertium non datur. E allora, come ha detto Marcel Jacobs, quarto nella 4×100 con  Matteo Melluzzo, Lorenzo Patta e Filippo Tortu  a soli sette centesimi del podio, “Era meglio arrivare ultimi…”