Le quote rosa e il provocatorio successo di George Eliot
Le classifiche lasciano sempre il tempo che trovano. Soprattutto quelle fondate sul gradimento (soggettivo) degli intervistati. Qual è il miglior ristorante del quartiere? E il calciatore più forte del campionato? E la cuoca migliore in famiglia? Tutte gerarchie fondate esclusivamente sul principio dell’insindacabile gusto personale. Perché è ovvio che ci sono delle qualità oggettive e parametri altrettanto rigidi per misurare le qualità di ristoranti, giocatori e cuochi. Però, alla fine, ciò che conta è il gradimento soggettivo. Ed è su quello che si basano gli intervistatori.
Uno dei campi più battuti dai sondaggisti è quello relativo all’apprezzamento delle opere di ingegno. Per esempio, la rivista Time, poco tempo fa, ha rivolto una semplice domanda: “Quali sono i romanzi più belli di sempre?” Domanda tutt’altro che banale. E la cui risposta, soprattutto, offre utili indicazioni a chi – come il lettore di questo blog – non vuole perdere tempo a leggere cose che non resistono proprio alla prova del tempo.
Il Time ha usato il seguente metodo: ha girato la domanda a 125 autori. In buona sostanza ha interpellato 125 tra gli scrittori più apprezzati e accreditati a livello internazionale (con palese preferenza, però, per quelli di lingua inglese).
Il risultato del sondaggio è presto detto: il libro campione è un romanzo molto noto ancorché popolare. Si tratta di Anna Karenina di Leone Tolstoj. Cui seguono in ordine rigorosamente gerarchico Madame Bovary di Gustave Flaubert e Guerra e pace, sempre di Tolstoj. Questo il podio. Con un grande romanzo storico e due storie dedicate a personaggi femminili. Il quarto posto è di Nabokov con il suo Lolita. Al quinto posto campeggiano le Avventure di Huckleberry Finn di Mark Twain. Al sesto posto il racconto più vecchio di quelli nella top ten. Un racconto che ci è stato tramandato sotto forma di testo teatrale. Anzi è il testo teatrale per eccellenza: Amleto di Shakespeare. Cui seguono Il grande Gatsby di Francis Scott Fitzgerald, Alla ricerca del tempo perduto di Marcel Proust, I racconti di Anton Checov e Middlemarch di George Eliot.
Ogni possibile combinazione di titoli e autori scontenterebbe qualcuno (personalmente ho provato un palpabile disappunto nel non trovare nella lista il mio romanzo preferito: Il Maestro e Margherita di Michail Bulgakov). Quindi non è proprio il caso di sottolineare vergognose assenze o presenza di titoli sopravvalutati. Piuttosto la scelta di questi titoli va vista nel suo insieme. E la cosa che risalta maggiormente è la massiccia presenza di titoli che solitamente vengono letti negli anni della formazione: dall’inizio dell’adolescenza all’affermazione dell’età adulta. Insomma è come se gli scrittori interpellati avessero così, di punto in bianco, dovuto dare un nome o un titolo. E il primo – o i primi – che viene in mente è sempre un titolo tratto dalla stagione più felice del lettore, quella cioè fatta di romanzi d’avventure e romanzi di formazione. Ma soprattutto di classici. Perché siamo tutti molto preoccupati di mettere in mano ai neofiti della lettura soltanto classici o testi considerabili tali. Ed è altrettanto naturale che poi, anche se si diventa scrittori famosi e si passa tutta la vita professionale a scrivere e leggere tantissimi romanzi di colleghi e “rivali”, si finisce per ricordare soprattutto quei classici che hanno segnato in maniera indelebile il nostro immaginario di giovani lettori.
La cosa più curiosa di questa classifica (di questa top ten) è la presenza di George Eliot come unica voce femminile. In un tempo, il nostro, in cui le quote rosa dettano non soltanto l’agenda parlamentare ma anche i dibattiti casalinghi, è curioso che la portabandiera della squadra femminile sia una donna – Mary Ann Evans (1819-1880) – che ha rinunciato al suo nome e al suo genere nel momento di mettere in gioco il proprio talento letterario.