Tuo figlio si è fatto male alla caviglia giocando a calcio? Si è slogato il polso cadendo dalla bici? Niente paura perché nel reparto medicinali di ogni mamma, c’è della crema o delle pastiglie all’Arnica. Arnica? Ebbene sì. Con l’Arnica montana si risolvono problemi di natura traumatica, grazie alla sua azione antinfiammatoria, analgesica, antiedemigena, protettiva sui capillari. Senza trascurare l’importanza della pianta per la cura di infiammazioni alla bocca, alla gola, contro i foruncoli o le punture di insetto. Insomma un rimedio a 360 gradi, una panacea, un vero toccasana al quale ho più volte attinto, avendo due figli calciatori.  Qualcuno potrebbe dire: “acqua fresca”. E’ vero: non basta avere “fede” nella medicina complementare per guarire. Ecco perché, alla ricerca di evidenze scientifiche dell’efficacia dell’Arnica, un’equipe di ricercatori ha firmato lo studio dopo aver osservato il meccanismo d’azione della pianta a livello cellulare. Ad avvalorare quanto detto sopra, sulla rivista, PlosOne è stato pubblicato lo studio – coordinato dal Prof. Paolo Bellavite del Dipartimento di Medicina dell’Università di Verona – dal titolo “Arnica montana stimulates extracellular matrix gene expression in a macrophage cell line differentiated to wound-healing phenotype” che si è concentrato sull’analisi dell’azione dell’Arnica sui macrofagi dell’organismo umano.  I ricercatori hanno utilizzato, come modello, una linea di cellule macrofagiche umane in coltura, differenziata con interleuchina-4 in modo da farla assomigliare alle cellule che si trovano nelle ferite e nei traumi in via di guarigione. Qual è stato il metodo? Si è potuto osservare come l’Arnica abbia dato il via alla sintesi delle chemochine, “sostanze importanti per richiamare le cellule nel luogo della lesione e per promuovere la ricrescita dei vasi”  precisa Bellavite-. Visto il promettente risultato del primo studio, si è proceduto all’analisi della totalità dei geni espressi dai macrofagi (migliaia), con una tecnica chiamata “Next-generation sequencing”.

L’importanza funzionale dell’effetto di Arnica è sottolineata anche dalla scoperta che se si opera artificialmente un graffio del monostrato cellulare, in presenza di Arnica i macrofagi lo riparano più velocemente. “In sintesi – conclude il Professore – le più moderne tecniche confermano che le cellule sono dotate di un’altissima sensibilità a livello della regolazione dell’espressione genica tale da renderle capaci di rispondere agli stimoli di medicinali anche in alte diluizioni. È particolarmente suggestivo sapere che il DNA dei macrofagi umani è ultra-sensibile a tale tipo di regolazione da parte di una pianta conosciuta da secoli per le sue proprietà medicinali”. Secondo uno studio successivo conclusosi lo scorso gennaio, ad opera di un team di ricerca dell’Ospedale Fatebenefratelli e del Dipartimento di Scienze Biomediche e Cliniche “Luigi Sacco” di Milano, e pubblicato sulla rivista scientifica “Journal of Intercultural Ethnopharmacology”, sono stati confermati i vantaggi dell’uso di Arnica montana in diluzione 1000 K per contrastare la perdita di sangue post-operatorio e la produzione di sieroma in donne sottoposte a mastectomia totale.

Recentemente, è stata poi presentata a Milano l’ultima edizione del volume “Low Dose Medicine – Omeopatia e Omotossicologia – Le Prove Scientifiche” (GUNA Editore) che contiene i più recenti risultati della ricerca scientifica in questo settore: sono stati spiegati i meccanismi d’azione dei medicinali in bassi dosaggi e illustrati gli sviluppi che, da queste ricerche, stanno scaturendo in termini di cura per molte patologie, come ad esempio la psoriasi, la vitiligine e la corioretinopatia sierosa centrale.

A questo link è scaricabile lo studio sugli effetti biologici dell’Arnica montana in alte diluizioni: http://journals.plos.org/plosone/article/file?id=10.1371/journal.pone.0166340&type=printable

 

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