Questa mattina correndo sotto l’acqua mi sono venuti in mente i Modena City Ramblers, quando ancora suonavano con Cisco. Anni fa presentando “In un giorno di pioggia”  in un pub della Bassa raccontavano,  tra una pinta e una foto d’Irlanda ,  di nuvole gonfie, di Anna Liffey e delle strade di un porto affacciato su un mare dell’ Ovest. Chi ama i Paesi del Nord non può non amare la pioggia e i cieli color del piombo. Non può non lasciarsi affascinare dai riflessi che l’acqua rende più brillanti e dalle risaie che si gonfiano. Ma  questa è poesia. E, quando si deve correre, ci sono delle mattine in cui non ci si sente poeti.  Soprattutto all’alba, soprattutto quando piove a dirotto, soprattutto quando vedi le piante del giardino piegare le punte sotto le raffiche del vento.  Allora prendi tempo. Ti prepari un altro caffè, accendi il camino per moglie e figli che si sveglieranno tra un paio di ore  e aspetti che la luce del giorno arrivi più decisa e dia un’immagine meno sinistra all’acqua che sbatte sulle finestre. Un rituale inutile perchè di lì a mezz’ora non cambia quasi mai nulla. Anzi. Così serve un gesto di coraggio. Guanti, k-way e cappellino e fuori a sfidare i primi cinque minuti di tormento. Sì perchè sono solo cinque minuti. Poi l’acqua diventa più calda, i piedi si abituano alle pozze, le mani si scaldano e anche il vento si fa meno fastidioso. Ed è lì che  si svolta. Basta guardarsi intorno, ascoltare il silenzio dei campi,  concentrarsi sul rumore delle tue scarpe e ti tornano in mente le melodie dei Modena e le immagini di una terra che ” Ha i fianchi robusti di una vecchia signora e i modi un po’ rudi della gente di mare…”