La bici è il caldo. Sono le salite, sono i Pirenei del Tour de France a luglio quando i corridori salgono con la zip della maglietta aperta e si vuotano le borracce in testa. La bici sono le scarpe senza calze, il sudore che ti gocciola dalle fessure del caschetto, i segni dell’abbronzatura su gambe e braccia che fanno tanto muratore. La bici è l’acqua fresca di una fontana, che sai dov’è bevi e riparti. Insomma la bici è l’estate che non è ancora arrivata ma che quasi ci siamo. E così in una giornata spettacolare come quella di stamattina se ti capita la fortuna di essere di riposo l’unico, atroce, dubbio della tua vita è decidere con cosa pedalare: “Esco con la bici da strada o in mountain bike…”. Strada, perchè sono i dettagli a fare la differenza. E la differenza la fa un porta borraccia che si stacca senza avvisarti e non hai voglia di perdere tempo a rimonarne uno nuovo. Strada per settantadue chilometri in perfetta solitudine senza improvvisare…”andando via regolari” come si dice tra i ciclisti quando le gambe non girano come dovrebbero. E tra l’azzurro specchiato di un cielo primaverile e senza smog, il silenzio rotto solo dal fruscio delle tue ruote e le stradine di campagna che le piogge dei giorni scorsi hanno tirato a lucido non resta che godersi duee ore di sana fatica. C’è solo il vento a guastar la festa. Il vento che im bici è come un contrappasso, un tormento degno di un girone dellInferno di Dante. Non c’è scampo. NOn ti dà tregua. Ovunque ti giri, in qualsiasi direzione pedali, qualsiasi diagonale tu decida di fare te lo ritrovi sempre in faccia. Incessante, costante e impetuoso. Va così. Ma in una giornata come quella di oggi queste, come diceva Totò, sono “quisquiglie…”