C’è un cartello della Provincia alla fine della spiaggia che da Marina di Grosseto porta a Principina:”Parco naturale della Maremma”. Passi una catena arrugginita e ti avventuri in un tratto di spiaggia dove, man mano che corri, la vegetazione si fa più fitta. Il mare non si vede però lo senti che c’è l’hai li’ a fianco. Si fa una fatica incredibile a correre sulla sabbia. Ogni appoggio e’ una scommessa, le gambe sprofondano ed è come se a ad ogni passo ne facessi cinque. Un po’ scivoli, un po’ ti trascini e un po’ accorci le falcate per cercare di restare in equilibrio. Ma dopo un chilometro quando improvvisamente ti si apre di fronte il mare sei costretto a fermati. Lo spettacolo di questo pezzo di spiaggia ti lascia senza fiato. È non per la fatica. Un intreccio infinito di sabbia e legname, di tronchi che le mareggiate hanno sottratto alla pineta e che le onde hanno levigato e aggrovigliato come capitava. Pero’ questo disordine naturale e incontaminato e’ davvero sconvolgente. Resti fermo qualche minuto a godere il rumore del mare e del vmeto. Qui, dove all’alba decollano gli aironi, sembra di essere più sulla luna che su una spiaggia della Toscana. I rami formano una serie infinita di figure a cui ognuno da’ la logica che vuole. È l’emozione che prende forma. Corri tra mare e pineta, tra tronchi lasciati a terra e macchia mediterranea dove i cinghiali sono di casa e basta guardarti intorno per trovare ciuffi di mantello incastrati tra i rovi. Chilometri di spiaggia fino a che la vegetazione ti sbarra la strada del bagnasciuga e diventa così fitta da non poter proseguire. Poco piu’ avanti la foce dell’Ombrone, alle tue spalle la strada del ritorno. Dura un niente. Lo spazio di un allungo con le gambe ormai allo stremo e la corsa ormai sempre più pesante. E gli ombrelloni blu del primo bagno di Principina ti avvisano che la magia sta per finire.