La vigilia di un mezzo ironman è come la notte prima degli esami. Di lacrime e preghiere, di pizze fredde e di calzoni, di sogni e di coppe di Campioni…come cantava Venditti una vita fa.  Mancano meno di due giorni al via del Challenge di Rimini. Voleranno via tra valigie da riempire, bici da caricare, macchine da preparare. Si fa un piccolo inventario delle cose che servono e ovviamente si porta molto di più. Quel molto che potrebbe servire e che in realtà serve solo per placare le proprie paranoie. Creme, cappellini, integratori, lacci , scarpe, scarpe da corsa, scarpe da bici, body, maglie, magliette,  maglioni, kway, manicotti, calze, guanti, muta, cuffie, occhiali, occhialini, ciabatte, asciugamani grandi e  piccoli, spille da balia,  felpa e wind stopper. Sicuramente si dimentica qualcosa, ma non si va in guerra quindi il necessario per sopravvivere c’è. Chiusa la valigia tocca alla bici. Chi usa una bicicletta per correre non è un ciclista. Non ha nulla da spartire con chi pedala quotidianamente nelle città. Due razze, due mondi. Chi usa la bici per correre nel 99 per cento dei casi è un “paranoico” fissato.  La bici non è il mezzo per muoversi senza far code,  è un pezzo di costola, un pezzo di cuore, un chiodo fisso nel cervello. Generalmente sta in casa e, senza discussioni, deve trovare posto nella stanza dell’albergo. Di Rimini, nel caso specifico.  Non si tratta neppure: è così e basta. Prima di una gara il check up è più accurato di un controllo dal cardiologo. Catena, pignoni, moltipliche, fili dei freni e dei cambi, ruote, raggi, vite del canotto della sella, nastro adesivo sul manubrio, computerino, pile del computerino, pile del sensore wireless che sta sulla forcella, vite e dado del  rilevatore dei giri della ruota che sta sui raggi. Tutto ovviamnete ben lubrificato, asciugato, pulito. Anche il carico in auto è un’operazione delicatissima. Nulla della bici deve toccare contro nulla della macchina. Quindi stracci, cartoni, giornali a proteggere come se piovesse e qualcuno ci mette anche una copertina. Non si sa mai. Poi si abbassano i sedili e si stringono moglie e figli. Anche qui vale il discorso dell’albergo: non si tratta, è così e basta. Via, finito. Resta solo una notte. Una notte che “a da passà” come diceva Eduardo e che invece non passa mai perchè mille pensieri diventano mille dubbi che girano lentamente nell testa come le lancette della sveglia che sta sul comodino. Ti giri e ti rigiri e ripassi la lezione come il giorno prima della maturità. Dante, Ariosto, l’aoristo che ti sei dimenticato e il teorema che è diventato improvvisamente un tabù. La vigilia di un mezzo ironman e come la notte prima degli esami. Ma forse un po’ più da paranoici…

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