Figli e doping
Ancora due righe sul doping, sul caso del ragazzo dopato a 14 anni. Una follia che non sembra vera ( e sarebbe bello), che è ancora parecchio da chiarire ma che colpisce ancor di più chi, come chi scrive, ha tre figli più o meno della stessa età che fanno sport agonistico. La prima riflessione è la più importante e la suggerisce l’intervista al Corriere della Sera di Carlo Tranquilli, medico sportivo presidente dei medici sportivi della sezione Lazio della Federazione: “Gli anabolizzanti somministrati agli adolescenti- spiega- possono avere effetti collaterali importanti, ricadute ormonali, provocare problemi sessuali, cardiovascolari e potenzialmente anche tumorali”. Basta e avanza per chiedersi quale sia la degenerazione di un genitore che spinge un figlio su questa strada quando la pulsione naturale porterebbe a proteggerlo, ad evitare che corra rischi a far sì, che proprio facendo sport, cresca più sano e più forte. Non solo. Grave è allo stesso modo la negligenza nel controllo. Credo che mai i genitori debbano occuparsi di questioni tecniche. Non è loro compito, ci sono gli allenatori per quello. Ma capire dove i propri figli fanno sport, in quali società, in che ambiente, con che filosofia sportiva crescono e a quali persone vengono affidati credo sia un dovere preciso di ogni mamma e di ogni papà. Senza tirarla troppo in lungo si capisce subito che aria tira in una squadra. Si capisce subito qual è il clima in una gara, se c’è esasperazione, se si gioca corretto e si rispettano le regole. Basta guardarsi intorno. Basta esserci. Certo bisogna esserci però. Presenti ma non invadenti, magari defilati ma attenti finchè i figli crescono, poi da grandi faranno le loro scelte e si prenderanno le loro responsabilità. Non c’è una ricetta contro il doping. Ci sono però gli anticorpi dello sport corretto che in tanti (molti di più di quanto si pensi) provano a diffondere. La slealtà sportiva si combatte con i controlli, con i passaporti biologici, con i blitz dei Nas, con i sequestri, gli arresti e le condanne ma si combatte soprattutto con la cultura, con l’idea che si possa giocare pulito perchè alla fine paga, perchè è giusto così, perchè non sempre c’è bisogno di scorciatoie. Si vince e si perde, serve vincere ma serve molto anche perdere. Utopia? Probabilmente sì. Probabilmente l’illusione di uno sport che invece pare andare in direzione opposta soprattutto tra gli “amatori” che poi è una negazione in termini perchè chi ama un sport lo fa per passione, per divertirsi, non ha bisogno di barare. Amatori di cosa quindi? Ma tornando al rischio doping sui ragazzi l’ultima riflessione la suggerisce il commento di un mio ex compagno di liceo che oggi fa il medico ed è anche lui padre i figli che fanno sport: ” Aldilà dell’aspetto etico deprecabile i danni che crea assunzione di steroidi durante lo sviluppo sono potenzialmente devastanti- spiega Massimo Cristaldi– Sono atti criminali che non servono a nulla perché un ragazzo di 14 che si allena bene produce abbastanza testosterone per sviluppare il corpo in modo più che adeguato. Il concetto del di più per sviluppare di più è mostruoso. I giovani devono lavorare sulla tecnica di base che e quella che ti farà correre-nuotare forte con una progressione esponenziale. Non è importante vincere a 14 anni ma essere competitivi e sani. È importante vincere quando la traiettoria dello sviluppo psicofisico raggiunge l’apice e non il contrario come purtroppo accade a molti atleti che non riescono a fare il passaggio perché i fondamentali non sono giusti e questo preclude ulteriori miglioramenti. L’atleta è come un frutto: se non si espone al sole del l’allenamento non matura, se il sole e troppo forte si brucia e se la pianta riceve trattamenti chimici matura ma non ha sapore..”