perRuggero Pertile saluta e se ne va.  A 43 anni basta gare, basta agonismo, basta maratona. Giusto così. Di certo continuerà a correre, ad allenarsi e magari a mettere ancora qualche pettorale ma per sua voglia e  suo piacere. E perchè  la corsa è una brutta malattia che ti resta dentro: non semplice da curare. Ma di fatto ora è il nuovo direttore tecnico di Assindustria Sport Padova, la sua squadra di sempre. Quindi sempre atletica, ma in un’altra vita. Però uno come Ruggero Pertile mancherà all’atletica italiana. Non c’entrano medaglie e titoli che pure sono arrivati. Non c’entrano le vittorie a Roma, Torino, Padova  e l’oro ai Giochi del Mediterraneo nella mezza maratona. Non c’entrano neppure tre Olimpiadi e quattro Mondiali.  C’entra la sua storia in tutti questi anni. Sempre in gara. Sempre presente. Sempre sul pezzo con la sua misura, senza sbruffonate, tenace e leale in un mondo dove più che esserci ormai conta apparire. Pertile in tutti questi anni c’è sempre stato. Da Daegu a Rio l’azzuro della maratona è sempre stato il suo. Protagonista al di là dei pronostici, al di là dei proclami e al di là di tutto, con l’onestà dei semplici. Una maglia azzurra portata al traguardo come andava fatto. Con responsabilità e sentimento  antichi a cui forse non siamo più abituati. «Ormai sono vecchio e non so bene se abbiano pesato di più i miei 42 anni o i 42 chilometri – aveva detto con un filo di malinconia subito dopo l’arrivo ai Giochi di Rio- Ma la maratona bisogna correrla con il cuore e con la passione. Bisogna essere maratoneti per arrivare in fondo a un gara così…”. Ed è davvero così.  Anche ( soprattutto)  quando arrivi lontano dai primi,  quando arranchi nelle retrovie, quando non non sei là davanti.  Ma ci sono tanti modi per essere protagonisti in una maratona. E Ruggero Pertile in tutti questi anni ci ha fatto vedere qual era il suo. Ed è stato un bel modo. C’era un volta Ruggero Pertile. E un po’ ci mancherà…