yatCon un po’ della loro spocchia per i francesi la cronometro è la corsa contre la montre… Vuoi mettere? Magia di una lingua elegante che i “cugini” si coccolano come le loro tradizioni che rendono ogni cosa più affascinante. Anche se poi non cambia nulla. Da Besancon ad Avignone o da Trento a Rovereto in qualsiasi modo la si chiami la crono resta la crono. E cioè una delle gare più tecniche, difficili e affascinanti del ciclismo. Te li godi i ciclisti a cronometro. Nel loro pedalare c’è lo stile, la potenza, l’eleganza, la compostezza. C’è l’anima…C’è poco da inventare. Non ci sono scie o strategie. Non c’è tattica nè squadra. Tutti contro tutti ma soprattutto contro se stessi. Perchè distrarsi è un attimo e mollare pure. E invece bisogna restare concentrati sullo sforzo massimo, capire fino a che punto si può continuare ad osare. E per 30, 40 50 chilometri non è semplice. Anche perchè bisogna spingere, stare corretti in sella, non scomporsi, non sbagliare traiettorie, pedalare il più rotondo possibile, riuscire a respirare al meglio anche se i polmoni sono compressi perchè si sta con la pancia parallela alla canna. E basta guardarli in faccia Rohan Dennis, Tom Dumoulin, Tony Martin, Simon Yates: tutti con lo stesso sguardo perso nel vuoto. Inespressivi, senza una smorfia, quasi assenti. E invece no. Quando stai facendo la tua crono pensi solo a quello. E’ un rovello. Fissi davanti a te la moto che ti indica dove andare, la riga bianca della mezzeria, cerchi di starci dentro con la tua ruota per non fare un centimetro in più, fissi  i marciapiedi, le transenne. E vai. Pensando che stai andando forte, piano, che stai perdendo, guadagnando, che può bastare o che non basterà…L’avversario c’è ma non c’è. Ed è peggio, è più insidioso, ti sfinisce…Perchè su una salita lo vedi, lo segui se ce la fai lo stacchi oppure provi ad incollarti alla sua ruota  fissando lo sguardo sulle ganasce dei suoi freni, sul mozzo senza pensare a nulla. Cancelli i pensieri e cancelli metà della fatica. Ma nella crono no. Non puoi mai staccare. C’è sempre il dubbio. E un po’ ti consuma. Simon e Tom: stessa strada, stesse curve, stesse frenate e stesse ripartenze. Oggi l’inglese su  quei 34 chilometri e mezzo temeva di perdere la maglia rosa e invece l’ha tenuta mettendosi in tasca un bel pezzo di questo Giro. Stesso discorso per  l’olandese che quello stesso pezzo di Giro dalle tasche se l’è visto sfilare. Chissà quanto ci hanno pensato. Chissà i quei quaranta minuti quante volte se lo sono chiesti…