dasSi alza sempre un po’ l’asticella. E così dopo il classico  “spaccagli le gambe…”,  come era successo mesi fa su un campetto della periferia milanese, ora arriva ” negro di m…” un altro evergreen  dell’educazione sportiva ( ma non solo sportiva) urlato da chi l’educazione dovrebbe insegnarla, cioè i genitori. Insulti gravi di per sè. Terribili se rivolti a un ragazzino di 13 anni  “italiano ma adottato in Etiopia” come ricorda la madre denunciando tutto sui social. Insulti dagli spalti sabato pomeriggio a Milano durante una partita di un campionato giovanile di basket, un torneo fra i ragazzi delle scuole medie  non una finale di coppa campioni dove pure sarebbero stati inaccettabili. Ma ormai va così. E se ancora valesse il senso della provocazione senza essere fraintesi i genitori al seguito dei figli quando fanno sport sarebbero da vietare. Via mamme e papà dagli spogliatoi, via dai campetti di calcio, via dalle tribune, dai bordi delle piscine, dalle piste d’atletica. Lontani e assenti per il bene de pargoli che così imparano a far da sè e imparano a crescere.  Lascino i ragazzi con i loro allenatori, lascino che vengano sgridati, puniti, premiati o messi in panchina senza che ci siano mamma e papà a confortarli, a consolarli, a rassicurarli spiegando loro che comunque sono i migliori, che il mister non capisce nulla e che chi ha giocato, corso o tirato a canestrop al loro posto  non li vale, è uno “sfigato” o magari  “negro di m…”.  E se proprio non si riesce a tenere i genitori alla larga allora ( almeno)  si prenda per buona l’idea che, pochi mesi fa, aveva avuto l’assessore allo sport della Regione Lombardia Martina Cambiaghi  proponendo il Daspo per chi sugli spalti litiga o insulta guardando le partite dei figli.  “Poi aggiungerei anche un momento di rieducazione -aveva proposto l’assessore-  corsi di fair play tenuti dalle associazioni sportive obbligatori prima di poter tornare in tribuna”.  Non si è fatto ma andrebbe fatto perchè la deriva è pessima. E non c’entra il calcio, la pallavolo, il basket o chissà quale altra disciplina. C’entrano cultura ed educazione. I genitori arroganti sugli spalti sono gli stessi arroganti in auto, durante la coda ad uno sportello, con i professori dei loro ragazzi, al lavoro, in casa. E i figli fanno ciò che fanno loro perchè sono carte assorbenti che raccolgono il bene e il male. E’ una perversa catena di Sant’Antonio. E allora via i genitori maleducati dagli spalti. Ma via da tutto verrebbe da dire…