gir3C’è un Giro che pedala e fa fatica, che vince, che perde, che va in fuga, che cade e che fa volate a settanta all’ora sulla via Emilia che porta a Modena dove, dopo la baraonda di uno sprint infinito, risuonano le note della Marsigliese che incorona Arnaud Demare. Poi ce n’è un altro che si guarda intorno, che attraversa borghi, pianure e montagne che incontra le persone, che riceve  abbracci e  applausi. Quella di domani, da Carpi a Novi Ligure sarà la tappa dell’epica sportiva, dei grandi solisti usciti dal gruppo raccontata da “Viaggio nell’Italia del Giro”,  il programma di Rai Cultura condotto da Edoardo Camurri in onda alle 14.00 su Rai2 e alle 18.30 su Rai Storia. Un lungo racconto del leggendario maratoneta Dorando Pietri, l’eroe sfortunato della  maratona di Londra 1908, di Fausto Coppi nella sua Castellania e Costante Girardengo a Novi Ligure. Ma ci sono anche le cucine del popolo e le storie di melomani verdiani, geometri, pescatori del Po, banditi e cantautori. Tra gli altri ospiti della puntata, Cisco, Francesco Bellocchio, Enrico Orsi, Mario Bizzoccoli e il Club dei 27. A ricordare con Camurri i due campionissimi del ciclismo italiano sarà Fabio Genovesi, lo scrittore di Forte dei Marmi, voce narrante e piacevolmente visionaria delle tappe che scorrono ormai da più di una settimana nelle immagini tv. Voce che riporta a quel ciclismo raccontato che va al di là di scatti e distacchi ma che coglie le sfumature di uno sport che proprio fissando i dettagli ha colto l’essenza della cultura popolare che si è tramandata con le gesta dei suoi eroi. E lo hanno raccontato i grandi il ciclismo. Uno su tutti Dino Buzzati che nel 1949  seguì il Giro d’Italia. Non raccontò solo una corsa. Raccontò la festa di popolo di una nazione appena uscita dalla guerra  e un momento di orgoglio nazionale.  Raccontò la fatica dei corridori, le origini, descrisse le loro facce, l’incontro tra le genti, le strette di mano, le spinte in salita, le grandi gioie, i grandi pianti. Venticinque cronache memorabili come l’omerico duello tra Fausto Coppi e Gino Bartali, campione al tramonto, sulle grandi salite della Cuneo – Pinerolo: “Quando oggi, su per le terribili strade dell’Izoard, vedemmo Bartali che da solo inseguiva a rabbiose pedalate, tutto lordo di fango, gli angoli della bocca piegati in giù per la sofferenza dell’anima e del corpo – e Coppi era già passato da un pezzo, ormai stava arrampicando su per le estreme balze del valico – allora rinacque in noi, dopo trent’anni, un sentimento mai dimenticato. Trent’anni fa, vogliamo dire, quando noi si seppe che Ettore era stato ucciso da Achille. È troppo solenne e glorioso il paragone? Ma a che cosa servirebbero i cosiddetti studi classici se i loro frammenti a noi rimasti non entrassero a far parte della nostra piccola vita? Fausto Coppi certo non ha la gelida crudeltà di Achille: anzi, tra i due campioni, è certo il più cordiale e amabile. Ma in Bartali anche se scostante e orso, anche se inconsapevole, c’è il dramma come in Ettore, dell’uomo vinto dagli dei…”

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